Vengo dalla destra sociale, sono innamorato della libertà, ma se va vanti così…

ho paura che mi stiano facendo diventare reazionario

Vengo dalla destra sociale, sono innamorato della libertà, ma se va vanti così...

Vengo dalla destra sociale, sono innamorato della libertà, ma se va vanti così…


Vengo dalla destra sociale. Sono amantissimo della libertà: della mia, dell’altrui, delle comunità, delle Nazioni. Credo nello Stato di diritto. Sono un conservatore, quindi guardo alle vere, grandi riforme. Ma ho paura che mi stiano facendo diventare reazionario. Non in un’occasione, ma a tutto campo.
                Parliamo delle conclamate riforme della giustizia. Volete sapere quali sono quelle urgenti? Assumere i magistrati e il personale che servono. Costringere tutti quelli in servizio a fare il proprio dovere: perché, sia ben chiaro – tra bravissimi, bravi e meno o per niente bravi – una parte rilevante non lo fa o lo fa in misura insufficiente, privilegiando i propri comodi o rispettabili esigenze private. Riorganizzare la magistratura onoraria, senza la quale la macchina sarebbe paralizzata, esigendo il massimo e retribuendone adeguatamente il lavoro. Avere non meno, ma se mai più tribunali e uffici periferici, con magistrati e personale che possono anche essere mobilitati su più sedi.
                Fatto ciò – ripeto, fatto ciò – vediamo come si possono modificare le norme processuali, tanto nel penale quanto nel civile. Diminuire il numero dei fascicoli processuali non può essere né l’unico né il primario e assorbente obiettivo. Il vero fine è rendere giustizia. Il che significa renderla in tempi abbreviati, certo. Ma comunque renderla. I procedimenti non si accelerano rottamandone la metà!
La giustizia penale non si rende efficiente, cancellando reati che sono gravi per il sentire del cittadino normale; né trasformando le pene in ridicole sanzioni alternative, della cui effettività nessuno è in grado di farsi carico e controllo; né stabilendo sconti strumentali e arzigogoli prescrittivi che umiliano e penalizzano le parti lese; né cancellando il principio dell’obbligatorietà dell’azione o affidando a ciascuna magistratura locale e ai suoi “protocolli” il compito di stabilire praticamente quali reati si perseguono e quali no (così i malviventi si sceglieranno anche le zone dove andare a delinquere).
Che il cittadino inquisito, non lo possa essere a tempo indeterminato e che il suo processo non lo inchiodi per anni, è sacrosanto. La “vera” prescrizione è stata concepita per questo. Ma a tale scopo, come dicevo all’inizio, non c’è altro che far funzionare serratamente gli Uffici giudiziari e la polizia giudiziaria che svolge le indagini. Le “garanzie”? Certo che ci vogliono, eccome!, specialmente con un corpo magistratuale affetto da tutte le stravaganze, faziosità e devianze che oggi troppo spesso emergono (quelle che emergono…..). Ma noi operatori del diritto sappiamo benissimo quali sono le garanzie processuali importanti e sostanziali, che tutelano le essenziali facoltà della difesa, e quali sono le superfetazioni normative che fanno di buona parte dei processi un percorso a ostacoli ovvero un risiko che contraddice il fine superiore: che resta l’accertamento della verità, delle fondate ragioni, della tutela morale e fisica delle persone contro le illecite minacce ed aggressioni.
                Mutatis mutandis, i concetti valgono per la sterminata materia civilistica. Anche per questa, la finalità non è abbattere il numero delle cause, ma superare i nodi organizzativi che oggi prolungano i tempi indecentemente, cosicchè si rendano a) probabilissime, se non certissime, sentenze giuste per gli interessi legittimi fatti valere b) ragionevole e non terrificante in termini di costi l’accesso alla giustizia civile c) effettivo e, anch’esso, a costi recuperabili, il ricorso alle sedi e procedure conciliative d) eseguibile, perché assistito da previe garanzie, l’emanando giudicato. Verso queste finalità – di enorme rilievo sociale ed economico – è sbagliato frapporre, in nome di una artificiosa accelerazione coatta, preclusioni processuali, inibizioni dell’impugnazione, obbligo praticamente e iniquamente impossibile per le parti (specie chi agisce) di comprimere tutto nell’atto e nell’udienza introduttivi, instaurare “filtri” liberticidi, consegnare totalmente al giudice i passaggi della causa vanificando i difensori tecnici, tanto più se accompagnati – con il motivo/occasione/pretesto dell’epidemia – da una remotizzazione telematica che rende virtuale e largamente ingestibile/incontrollabile la controversia.
                So che questo mio sentire non è consentaneo con quello di parte, anche ufficiale, dell’avvocatura, che si intesta – comprensibilmente – ogni declinazione del garantismo. Ma, se è ben chiaro che l’avvocato svolge un ben definito e unilaterale ruolo nella specifica vicenda giudiziaria ad  (inviolabile e preminente) patrocinio dell’assistito, l’avvocatura nel suo complesso è un corpo sociale e professionale – oggi dal ruolo costituzionalmente consacrato – che concorre alla civile convivenza e dunque alla suprema ragione del “neminem ledere”: che si traduce nella prioritaria tutela dei cittadini onesti e pacifici, come dire del loro diritto/aspettativa di veder prevenuto, accertato e punito ogni crimine ed illecito, non disgiunto/a dal titolo ad essere realmente risarciti.
                Poi – manco a dirlo – c’è tutto l’alto altro ancora. Politicizzazione della magistratura e lotte di potere, eventuale separazione di carriere e/o funzioni, inquinamenti e bonificazione degli Organi di massima rappresentanza, richiamo del ceto forense alla intransigente garanzia del rigore deontologico….Ma le grandi e palpabili questioni che interpellano la coscienza immediata e il quotidiano incrocio della giustizia con la vita dei cittadini sono, se non tutte, propriamente quelle che tutte d’un fiato abbiamo richiamato.
                E basterebbe tutto questo per farmi mandare al………confino pei reazionari dalla sotto-demagogo-cultura progressista egemone? Forse sì. Ma c’è dell’altro. Io trovo, ad esempio, aberrante ed incivile (esempi di cronaca anche in questi giorni) che si criminalizzi in subliminale immediatamente il cittadino – non parliamo poi degli agenti delle Forze dell’Ordine – che cagioni lesioni o, disgraziatamente, la morte di soggetti, nulla cambia se stranieri o italiani, nell’atto di difendersi o difendere altri da aggressioni, violenze incontenibili, rapine, spesso recidivanti e impunitamente abituali, sempre più spesso perpetrati con violazione dei domicili, dei luoghi familiari, dei siti aziendali. Il tutto, accompagnato da un evidenziato pietismo per il commissore o tentatore dei delitti, durante ed a causa della cui esecuzione il soggetto ha patito la reazione della vittima. Ormai la sottoposizione di chi si difende a procedimento penale per omicidio volontario, lesioni intenzionali e, come minimo, “eccesso (colposo o meno) di legittima difesa”, è la regola: “atto dovuto”, motiva subito il comunicato dell’Ufficio che iscrive nel registro degli indagati. Già…..ma qui non stiamo parlando di eccezionali casi di abuso da parte di agenti delle FF.OO., che si macchino di fatti disonesti o violenti e che è giusto paghino per quanto commettono, disonorando oltretutto i benemeriti Corpi di appartenenza. Stiamo invece citando i troppi casi quotidiani di diritto dei privati e diritto/dovere degli agenti di respingere i delitti consumati o immanentemente minacciati, senza dover trascorrere anni e anni di sofferenza, turbamento familiare, sospetto e surrettizia discriminazione, carriere e attività compromesse, peregrinazioni e spese, per sostenere procedimenti non da vittime, ma da imputati a tutti gli effetti…….anelando ad una “clemente” assoluzione che quasi mai restituisce onorabilità conclamata e mai di certo i dilapidati migliori anni di vita!
 Un caso tra i mille e manco giuridicamente dei più allucinanti (verificatosi nel nostro Distretto)…….
                In questi giorni di luglio, il GIP del Tribunale di Perugia ha “prosciolto”, accogliendo la consonante richiesta dello stesso PM, due Carabinieri e un vigilante che nel 2018 cagionarono la morte, sparando, di tal Eduard Kozi a Ponte Felcino di Perugia, dopo un “colpo” in una tabaccheria. Gli “indagati” hanno vissuto dunque tre anni sotto l’incubo del processo, ottenendo almeno il capo di “omicidio colposo aggravato in concorso” (in molte fattispecie si procede per “omicidio volontario”) e infine la pronuncia favorevole; che, peraltro, se i resoconti giornalistici son fedeli, è stata diligentissima ma laboriosa.
                Il magistrato, partendo dalla scrupolosa perizia medicolegale sul corpo dello sventurato che i complici non hanno mancato di buttar giù dalla macchina, ha dovuto motivare col fatto che i colpi erano stati indirizzati alle ruote dell’autovettura dei ladri, ma sono “saliti” per l’abbassamento del veicolo in retromarce e sgommate, con “manovre violente e pericolose per aprirsi un varco”, compresi “speronamenti” e “traiettorie tali da mettere in pericolo l’incolumità fisica del vigilante”. Circostanze tutte che, in presenza di uso legittimo delle armi, configurarono un episodio di “legittima difesa putativa” in un adempimento del dovere di interrompere l’azione criminosa e arrestare i malviventi. Ma precisando dunque che il colpo che uccise, all’interno del  veicolo, il Kozi “è da ascrivere ad un errore di esecuzione” del militare che mirava alle gomme. Leggansi cronache dei quotidiani umbri 23 luglio 2021. Niente da dire sull’opera professionale dei magistrati e, naturalmente, degli avvocati, sia degli imputati che dei familiari del ladro rimasto ucciso. Mi chiedo soltanto quanti cittadini prettamente “reazionari” si stiano domandando: “Ma come si può pretendere che uomini e donne delle Forze dell’Ordine, quasi sempre giovani o giovanissimi, intervengano con prontezza e risolutiva decisione in nostra salvezza, quando riusciamo fortunosamente a chiamarli in una drammatica evenienza, se sanno di andare sicuramente incontro a simili Calvari?!”.
                Ultim’ora, sempre perugina. Mentre tutta la comunità insorge per difenderlo e ringraziarlo, arrivano sanzioni per “spari in centro abitato” e sequestro del fucile, regolarmente detenuto e denunziato, a un vecchio carabiniere in pensione di Case Nuove – dove furti e reati sono un continuo – che, per mettere in fuga l’ennesimo ladro che stava forzando finestre, ha esploso due colpi IN ARIA. E’ costretto a difendersi lo…….sparatore: “Ho cercato di tutelare l’incolumità mia, di mia moglie 85enne e del caseggiato……”. Nei giorni scorsi, nei pressi, i ladri hanno rinchiuso una vedova e le hanno svaligiato la casa…….
                Ci risentiamo per altri argomenti di tentazione reazionaria.
                                                                                                              Domenico Benedetti Valentini
                                                                                                                       per “Controcorrente

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