
Scomparsa di Barbara Corvi, svolta nelle indagini, arrestato il marito
E’ accusato, insieme a un fratello, di concorso in omicidio volontario aggravato e occultamento di cadavere. Il caso riaperto dopo l’archiviazione del 2015
Di Rossano Pastura
E’ stato arrestato questa mattina all’alba presso la sua abitazione di Amelia, Roberto Lo Giudice, il marito di Barbara Corvi, la donna di Montecampano di Amelia scomparsa il 27 ottobre del 2009.
Barbara al momento della scomparsa aveva 35 anni ed era la mamma di 2 figli, allora piccoli, che amava più di ogni altra cosa, elemento questo che ha irrobustito le tesi degli inquirenti per smontare i depistaggi messi in atto dal marito e da alcuni componenti della sua famiglia.
Gli sviluppi e i particolari dell’indagine che ha portato agli arresti in via cautelare dell’uomo, sono stati illustrati questa mattina nel corso di una conferenza stampa tenutasi presso la caserma dei Carabinieri di Terni dal procuratore di Terni, Alberto Liguori, dal Comandante del comando provinciale dei Carabinieri di Terni, colonnello Davide Milano e dal maggiore Elisabetta Spoti, comandante del nucleo investigativo di Terni.
“Barbara Corvi è vittima non di mafia, ma di una mentalità mafiosa, che secondo il proprio codice prevede di lavare con il sangue l’onta di comportamenti che non rispondano ai propri canoni” ha spiegato Liguori.
“Il codice ‘ndrangheta – affermato il capo della procura di Terni – non è il codice civile che consente di separarsi e di interrompere una relazione, appunto civilmente, con la separazione o il divorzio”.
La vicenda di Barbara Corvi risale al 2009. La giovane donna scomparve nel pomeriggio del 27 ottobre, tra le ore 16,00 e le 17,30. Da quel momento non si avranno più notizie di lei.
All’epoca dei fatti, si parlò di un allontanamento volontario da parte della donna, che aveva una relazione extraconiugale. Alcuni elementi, che si scoprirà essere costruiti artificiosamente dal marito, portarono all’archiviazione del caso nel 2015.
La svolta però si è avuta a seguito di “plurime e convergenti chiamate in reità da parte di attuali collaboratori di giustizia che hanno consentito una lettura ragionata e coerente dei vari contributi istruttori raccolti sia prima dell’archiviazione dell’inchiesta sia soprattutto dopo la riapertura delle indagini”.
“La riapertura del caso ha portato a una nuova lettura di tutti gli elementi indiziari e all’approfondimento di alcuni aspetti di novità apportati dall’attività tecnica investigativa condotta dai militari del nucleo investigativo” ha spiegati il procuratore di Terni.
Alla luce di questo, le indagini hanno consentito di smascherare i vari depistaggi messi in atto da Lo Giudice, con la collaborazione di alcuni suoi congiunti; da prima la tesi dell’allontanamento volontario e il prosciugamento dei conto correnti di Barbara per garantirsi la fuga, poi la manipolazione del pc di Barbara per accreditare intenti suicidari il giorno prima della scomparsa, la tesi del chiarimento in casa il 27 ottobre 2009 di pomeriggio tra Barbara e il marito, in concomitanza con la scomparsa della donna. Una perizia tecnica ha poi appurato la falsità delle due cartoline spedite da Firenze il 5 ed il 6 novembre 2009 da Barbara ai figli, e le vere ragioni della presenza di Roberto a Reggio Calabria appena 18 giorni dopo la scomparsa della moglie.
A suffragare la tesi dell’omicidio come rimedio all’offesa ricevuta, c’è l’analogo episodio di Angela Costantino, moglie di Pietro Lo Giudice uno dei fratelli dell’arrestato. Anche Angela ha pagato con la vita il tradimento al marito, in questo caso condannato con sentenza passata in giudicato.
Angela è stata uccisa all’età di 25 anni, madre di 4 figli.
Ulteriore elemento significante è il mancato rinvenimento del corpo delle due donne.
- L’ipotesi, suffragata da una dichiarazione verbalizzata da uno dei collaboratori di giustizia, è che il corpo delle donne sia stato sciolto nell’acido.
Il procuratore Liguori ha tenuto a precisare che “prudenza e rispetto delle garanzie, tuttavia, consigliano di sottolineare che la fase in cui ci troviamo è quella cautelare, in attesa del primo vaglio che potrà eventualmente provenire dall’interrogatorio di garanzia che sarà svolto a breve, su disposizione del Giudice”.
Da sottolineare che Lo Giudice, nel mese di giugno dello scorso anno, di fronte all’invito di una deposizione spontanea, come suo diritto, si è avvalso della facoltà di non rispondere.
“Un’inchiesta -ha concluso Liguori -, condotta tra reticenze, depistaggi e comportamenti omertosi nella migliore tradizione criminale, di natura squisitamente indiziaria che attende serenamente i successivi segmenti di verifica endoprocedimentale previsti a tutela e garanzia dell’indagato, rammentando che il pubblico ministero è tenuto svolgere indagini innanzitutto in suo favore e che, al cospetto di idonea ed adeguata gravità indiziaria ed in assenza di fattiva collaborazione da parte dell’indagato, in presenza altresì di esigenze cautelari di concreto ed attuale pericolo di inquinamento probatorio e di elevata probabililtà della commissione di reati della stessa specie, non può che soddisfare con lo strumento massimo di compromissione della libertà personale quale è la custodia cautelare in carcere”.
Una vicenda di cronaca nera che ha ancora molti aspetti da chiarire, ma che sembra destinata a concludersi a breve.
Una vicenda triste, dolorosa, che ha già fatto molte vittime, dalla povera Barbara ai suoi famigliari e i suoi figli, anche loro segnati per il resto dalla vita da questa tragica vicenda.
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