
Umbria fuori dalla pandemia, il Covid come un’influenza
L’Umbria è fuori dalla pandemia, a distanza di tre anni esatti dall’emergenza. Lo dice dottor Marco Cristofori, responsabile Sorveglianza della Usl 2 e membro del Comitato tecnico scientifico dell’Umbria, intervistato dal Corriere dell’Umbria. Alessandro Antonini scrive un ampio articolo pubblicato nelle pagine 2 e 3 del quotidiano. Il responsabile fa il quadro della situazione – è scritto – ufficializzando la fine della pandemia, nella nostra Regione, stando ai principali indicatori monitorati.
“Siamo passati da una fase pandemica – fa sapere Cristofori – a una fase endemica. Al momento circa il 50% dei ricoverati è in ospedale per altri cause e scopre di avere il Covid prima, durante o dopo il ricovero. Certamente può incidere come concausa, dato che la media dei pazienti ospedalizzati è di 80 anni. Ma in terapia intensiva non ci sono più casi gravi di Covid, in pochi casi in generale chi finisce in ospedale ha necessità di una ventilazione. Questa situazione si deve sostanzialmente alla vaccinazione e all’effetto di Omicron e delle sottovarianti. Va inoltre tenuto in considerazione il fatto che ormai in pochi continuano a farsi i tamponi e quindi il grado attuale del contagio è certamente sottostimato. Tuttavia anche dalle analisi delle acque reflue si riscontra una minore quantità di Rna virale. Le varianti circolanti sono tutti ‘sottolignaggi’ di Omicron 5 per due terzi e omicron 2 per il resto”.
Anche l’epidemiologo del Cts regionale, il professor Fabrizio Stracci, opta per trattare il Covid come un virus di stagione. E propone di abolire isolamenti e tamponi a tappeto. “Le caratteristiche attuali dell’infezione e della malattia – spiega Stracci – indicano l’opportunità di eliminare la gran parte delle misure precedente legate al rischio di Covid 19 severo. Ad esempio, l’utilizzo dei tamponi e le misure di isolamento appaiono superati. L’eliminazione delle misure superflue potrebbe ridurre giornate di lavoro perse e assenze scolastiche. Il virus potrebbe di contro essere trattato alla stregua delle altre patologie stagionali. Certo, vanno previste delle eccezioni. Cautele da mantenere in ambiente sanitario e a tutela delle persone a rischio di malattia severa, ossia immunocompronessi, soggetti affetti da patologie croniche severe, etc. Potrebbe essere mantenuta una sorveglianza sindromica dei casi più gravi così da avere la giusta attenzione e un margine utile per attivarci in caso di recrudescenze. L’altra eccezione – conclude il docente dell’Università di Perugia – è costituita dai reparti particolarmente a rischio, dove va mantenuta la guardia alta”.
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