Nessun pericolo, solo un po’ più di democrazia

Nessun pericolo, solo un po' più di democrazia. Ora che certi politici e certi giornalisti dei così detti “giornaloni” non hanno più...
Mario Draghi

Nessun pericolo, solo un po’ più di democrazia

Ora che certi politici e certi giornalisti dei così detti “giornaloni” non hanno più lacrime da versare per le dimissioni del Premier Draghi penso si possa fare un’oggettiva riflessione senza farsi influenzare dalle catastrofiche previsioni del “dopo Draghi” in una certa misura analoghe a quelle che circolavano quando l’Inghilterra uscì dall’Europa (basta ricordare Beppe Severgnini). Nessun pericolo Signori catastrofisti, nessuna invasione di cavallette, nessun cataclisma, né la fine del mondo, ma forse, spero, un po’ più di democrazia e possibilmente quella vera.


di Gianni Porzi


Innanzi tutto per la prima volta, almeno a mia memoria, un Premier presenta le dimissioni ancor prima di essere stato sfiduciato. E questo la dice lunga su quanto siano state anomale le dimissioni del Premier Draghi.

In secondo luogo Draghi, invitato dal Presidente Mattarella a presentarsi alle Camere ha detto con chiarezza che, data la situazione, non intendeva portare avanti il mandato conferitogli lo scorso anno. Era talmente chiara la sua volontà che anche i banchi del Parlamento lo avevano capito. Quindi, solo Casini, eletto nelle liste del PD, poteva formulare una mozione che nasceva già perdente. Alla domanda di perché voleva abbandonare l’incarico di Premier ritengo vi sia una risposta ragionevole. Probabilmente lo scorso anno accettò l’incarico di Premier in quanto aveva intuito, o quantomeno pensava, che lì a pochi mesi sarebbe potuto salire al Quirinale.

D’altra parte, mentre la Presidenza del Consiglio dei Ministri non aggiungeva nulla al suo già prestigioso Curriculum, la Presidenza della Repubblica sarebbe stato invece un incarico di grande prestigio. Ma non aveva fatto i conti non solo con i “pentastellati” che volevano portare a termine la legislatura per i loro “ideali” (cioè il lauto stipendio e il vitalizio), ma anche con Letta che non voleva andare alle elezioni, o quantomeno voleva procrastinarle quanto più possibile, per paura di una possibile/probabile sconfitta e perché voleva confermare alla Presidenza della Repubblica un politico di sinistra. Come se non fossero bastati tutti quelli succedutisi a Cossiga, ultimo Presidente di notevole spessore, del quale l’allora PCI, guidato da Occhetto, guarda caso, chiese l’impeachment.

Letta senza fare nulla, se non dire solo NO a tutte le personalità proposte da Salvini, riuscì nell’impresa di riconfermare Mattarella, che aveva detto più volte in modo chiaro che non avrebbe accettato il bis, al contrario del suo predecessore. Tanto che ci fu perfino il filmato del trasloco (?), dal Quirinale alla nuova residenza, trasmesso da tutte le TV, quasi a voler convincere gli italiani che il Presidente non sarebbe tornato mai indietro, cosa che invece, dopo le prime votazioni a vuoto, avvenne. Letta uscì quindi vincitore perché aveva ottenuto tutto, cioè la rielezione di Mattarella, la conferma di Draghi a Premier e le elezioni politiche nel 2023.

Ma non aveva fatto bene i conti con il M5S che, seppur facente parte del “campo largo” di sinistra, scalpitava mettendo spesso in pericolo la tenuta del governo. Alla fine anche Draghi, che suppongo fosse già rimasto molto deluso dalla rielezione di Mattarella, ha deciso di farla finita col “governo dei migliori”, voluto da Mattarella, probabilmente dietro pressione delle Cancellerie dell’UE, come accadde con Napolitano quando chiamò Mario Monti. Evidentemente, è destino che in Italia i “salvatori della patria” si chiamino Mario e facciano parte della finanza internazionale.

E Draghi ha spento l’ormai traballante governo dopo 6 mesi dalla rielezione di Mattarella probabilmente per evitare che alcuni “maligni” dicessero che la motivazione delle dimissioni sarebbe stata la mancata elezione alla Presidenza della Repubblica. Infatti Mattarella, accettando l’incarico bis, pur avendo ripetutamente asserito che non era disponibile, gli sbarrò la strada al Colle. E così Letta, che da “astuto politico” aveva giocato la carta della rielezione di Mattarella e della permanenza di Draghi a Palazzo Chigi, è stato beffato sia dal M5S che dal Premier Draghi con le sue inaspettate dimissioni. E ora il Segretario del PD accusa Salvini e Berlusconi di aver fatto cadere il governo credendo che tutti gli italiani siano dei “minus habens”.

NO, il perdente è proprio Letta al quale non è riuscita l’impresa nonostante il ripensamento di Mattarella gli abbia dato una mano. A questo punto viene spontaneo ricordare che D’Alema nel 2000 si dimise da Presidente del Consiglio in seguito alla sconfitta alle elezioni Regionali per le quali si era speso da Premier. Quindi chi fallisce dovrebbe andare a casa come correttamente fece D’Alema per il quale peraltro non godo simpatia.

Gli italiani sono stanchi di questi giochetti del palazzo, che sono anche un po’ squallidi, e ai quali credono solo gli ingenui o coloro che hanno uno scarso senso critico oppure non seguono le vicende con attenzione.

In conclusione, grazie alla sconfitta di Letta, si va alle elezioni (anticipate per una manciata di mesi) cioè a quel momento supremo di democrazia in cui ci si rimette alle scelte del popolo e non a quelle di altri mai eletti o alle pressioni di coloro che tengono le fila della politica internazionale.

In vista delle elezioni Letta e i “centrini” a lui vicini (come ad esempio Calenda e Renzi) sono già in fermento e non avendo idee originali per il programma elettorale cercano di appropriarsi dell’appellativo “draghiano” come accadde anni addietro quando l’agenda Monti fu presa dai compagni riformisti salottieri come guida politica. Oggi, tolte rare eccezioni, si assiste alla corsa per contendersi l’ormai famosa “agenda Draghi”. In sostanza c’è una sorta di gara a chi è più “draghiano” e il vincitore avrà come premio un libretto con le istruzioni per l’uso della tanto ambita agenda. Gara veramente penosa che dimostra la pochezza di una classe politica alla ricerca di un’identità, di un programma politico per evitare il “diluvio universale” qualora vincesse la Meloni. Si assiste all’affannosa ricerca di una qualche affinità con Draghi che sarebbe stato vittima del centro-destra (l’Italia è stata tradita e il PD la difende). C’è una sorta di club di intellettuali salottieri, pariolini con la puzzetta sotto il naso che si autoproclamano i “migliori”. E come quindi non ricordare il film “Il Marchese del Grillo” in cui Sordi, rivolgendosi con disprezzo al popolino, diceva “io sono io e voi non siete un cazzo”?

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