
Compravendita castello San Girolamo Narni, coinvolse Vincenzo Paglia, sei assolti
Tutti assolti dal tribunale di Terni “perché il fatto non sussiste” i sei imputati del processo relativo alle presunte irregolarità nella compravendita del castello di San Girolamo di Narni. Tra loro l’ex sindaco Stefano Bigaroni, l’ex direttore tecnico della diocesi di Terni, Luca Galletti, l’ex economo della curia, Paolo Zappelli, il dirigente dell’ufficio Urbanistica del Comune di Narni, Antonio Zitti, la dirigente dei servizi finanziari dello stesso Comune, Alessia Almadori e il notaio Gian Luca Pasqualini.
Sette anni di inchieste e processi finiti nel nulla. Con l’assoluzione ieri di Luca Galletti, ex responsabile della gestione immobiliare della diocesi di Terni, si chiude, quindi, la super maxi inchiesta, che nel 2013 aveva travolto monsignor Vincenzo Paglia, attuale presidente della Pontificia accademia per la vita.
Il Tribunale di Terni ha, dunque, assolto Galletti, che all’epoca era stato anche arrestato, dall’imputazione di turbativa d’asta e truffa. Secondo le ipotesi accusatorie, Paglia, dal 2010 al 2012, vescovo di Terni prima di essere nominato da Papa Benedetto XVI presidente del pontificio consiglio per la famiglia, sarebbe stato addirittura a capo di una associazione a delinquere finalizzata all’appropriazione indebita e alla turbativa d’asta .
L’indagine sulla compravendita risale al luglio 2013 quando vennero arrestati Galletti, Zappelli e Zitti, poi tornati liberi. Secondo gli inquirenti il gruppo avrebbe avuto l’obiettivo di pervenire alla compravendita del castello formalmente da parte di una immobiliare, ma in realtà con l’utilizzo indebito di denaro della diocesi.
Il fascicolo – nel quale inizialmente era ipotizzata l’accusa di associazione a delinquere finalizzata ai reati indicati – aveva coinvolto in un primo momento anche l’allora vescovo di Terni Vincenzo Paglia, la cui posizione era stata poi però archiviata dal gip su richiesta della stessa procura. Sempre il pm, durante il processo, aveva chiesto l’assoluzione di Bigaroni e Almadori e la condanna a pene comprese tra un anno e un mese e due anni e tre mesi per gli altri imputati.
- Le indagini erano state coordinate dall’allora pm ternano Elisabetta Massini, oggi giudice a Viterbo, e condotte con un dispiegamento di forze dalla squadra mobile al Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza della città umbra degno di una retata contro la camorra.
La compravendita del castello di San Girolamo a Narni, secondo gli inquirenti, era una operazione che avrebbe creato un ammanco di diversi milioni di euro nelle casse della diocesi di Terni. Per la Procura non c’erano ragioni che tenessero: la vendita all’asta dell’immobile di proprietà dell’amministrazione comunale sarebbe stata truccata attraverso una serie di mezzi fraudolenti e atti falsi che avrebbero consentito l’assegnazione del complesso, per farne poi un albergo, a una società che non aveva i requisiti richiesti dal bando e che era riconducibile a Galletti.
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Ma non è tutto, scrive il direttore de Il Riformista, Piero Sansonetti, giusto oggi.

Durante gli anni della gestione Paglia, sempre secondo l’accusa, sarebbero state effettuate diverse operazioni finanziarie e immobiliari pur in presenza di difficoltà di cassa da parte della diocesi. A luglio 2013, insieme a Galletti, erano stati arrestati diversi dirigenti e funzionari tra gli strepiti dei giustizialisti.
Fra gli indagati, invece, oltre a Paglia, il vicario episcopale della diocesi Francesco De Santis e Giampaolo Cianchetta, presidente dell’Istituto diocesano per il sostentamento del clero. Paglia si era subito difeso dicendo che i soldi erano stati spesi per lavori nei complessi parrocchiali, per il restauro di circa cinquanta chiese e la costruzione di oratori e strutture per i poveri, senza dimenticare le uscite necessarie alla vita della curia. Per quanto riguardava il castello, Paglia replicò affermando che «l’allora sindaco di Narni chiese se la diocesi fosse interessata all’acquisto, perché in realtà è un convento con una chiesa ancora officiata. Inizialmente dicemmo che erava-mo interessati. Ma, visto i problemi economici che avevamo, declinammo subito l’invito.
Ma scherzate? Nel 2013 a guidare la diocesi ternana era stato inviato monsignor Ernesto Vecchi, in qualità di amministratore apostolico. Vecchi ha messo in ordine nei conti, richiedendo anche un finanziamento da parte dello Ior. Oltre ai nemici interni alla curia, Paglia, appartenente allo schieramento progressista vicino alle posizioni di Papa Francesco, era stato nei due anni a Terni molto attivo sul fronte del sociale, mettendo in ombra anche importanti uomini politici locali.
La Chiesa ternana si è sempre dovuta confrontare con una realtà storicamente “rossa” e anticlericale con una forte presenza massonica. Ordinato sacerdote nel 1970, Paglia è stato parroco nella Basilica di Santa Maria in Trastevere e prefetto della terza prefettura di Roma. Vescovo dal 2000, nominato presidente della Federazione biblica cattolica internazionale e poi presidente della Commissione Ecumenismo e dialogo della Cei, è consigliere spirituale della Comunità di Sant’Egidio e postulatore della causa di beatificazione dell’arcivescovo di San Salvador, Oscar Arnulfo Romero, assassinato nel 1980. Fai del bene e scordatelo, recita l’adagio popolare. E la magistratura, di chi fa del bene, a quanto pare non si dimentica mai.
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