
Bruciati vivi in auto, in Umbria 5 casi, tecnica atroce per liberarsi di qualcuno
di Elio Clero Bertoldi
PERUGIA – Un cadavere trovato bruciato in auto nasconde spesso, anche se non sempre, un omicidio. Le indagini delle autorità albanesi e gli accertamenti aperti dalla Procura di Perugia sul caso del tifernate scomparso in Albania, Davide Pecorelli, 45 anni, l’auto del quale, presa a noleggio, è stata trovata a Puka distrutta dal fuoco, chiariranno questa vicenda ancora misteriosa ed inquietante.
I casi in Umbria, degli ultimi cinquanta anni, sono numerosi: a Bocca Trabaria, a Spello, a Montecorona di Umbertide, a Schiavo di Marsciano, a Baschi.
- Nella prima metà degli anni Settanta a Bocca Trabaria di San Giustino, in Alta Val Tiberina, venne trovato all’interno della propria auto, il cadavere di un insospettabile di Novafeltria (Marche). Prima di dar fuoco alla vettura gli assassini avevano legato i polsi della vittima con del fil di ferro, agganciato al volante della potente vettura. Gli autori dell’atroce delitto non vennero mai scoperti. Pare che anche quella notte la vittima si stesse dirigendo verso un night club umbro, di cui era un habitué.
- Nascondeva, invece, una storia di legami omosessuali il caso del truce omicidio di un tabaccaio folignate, per il quale venne arrestato un suo amico albanese, all’interno di una Opel Corsa, in località La Chiona di San Fortunato a Spello. Era la notte tra l’8 e il 9 luglio del 2000. Dopo aver colpito la vittima alla testa con una pietra, il killer aveva dato fuoco alla macchina, spargendo dentro e fuori la vettura, la benzina contenuta in una tanica, che era andato a riempire in un vicino distributore. Pare che nel corso della colluttazione il tabaccaio avesse trovato il tempo di porre all’assassino una angosciante domanda: “Perché vuoi uccidermi?”. L’albanese, che era sposato, avrebbe sibilato questa risposta: “Perché mi rovini la vita…”.
- Fu risolto dai carabinieri nel volgere di poche ore l’assassinio di un muratore albanese trovato carbonizzato all’interno della propria vettura parcheggiata sull’argine del Tevere in località Breccia di Schiavo di Marsciano, la mattina del 12 marzo 2001. Gli inquirenti scoprirono che il delitto era scaturito da cattivi rapporti e discussioni di carattere economico tra due cugini che vivevano nella Media Valle del Tevere. Il presunto autore venne arrestato al nord dove aveva cercato rifugio in casa di congiunti.
- Irrisolto invece il mistero della fine, una quindicina di anni fa, dell’albanese Sheptim Gijeci, operaio specializzato di una azienda metalmeccanica di Umbertide. Il cadavere venne ritrovato all’interno della vettura della vittima, che era stata fatta sbandare e rotolare in un campo a Montecorona e data alle fiamme. L’identificazione ufficiale della vittima, tanto il corpo era carbonizzato, fu completata dopo un paio di anni sulla scorta di una radiografia dentale. Era stata fatta arrivare, per le necessarie comparazioni, da uno studio dentistico albanese. L’operaio sarebbe dovuto partire il giorno dopo la scoperta del cadavere (avvenuta una domenica mattina). Sheptim aveva prelevato in banca una somma di denaro e sarebbe dovuto tornare in patria per i preparativi di matrimonio con una ragazza del suo paese.
- Subito scoperto, invece, l’autore di un uxoricidio consumato la mattina del 12 marzo 2011. L’autore, un campano, condusse la moglie in località Acqualoreto di Baschi e le versò addosso l’intero contenuto di una tanica di benzina, appiccando il fuoco con un accendino. La vittima riuscì a scendere dall’abitacolo e cercò di strapparsi di dosso i vestiti in fiamme. Un finanziere di passaggio riuscì a farla stendere a terra e a coprirla con una coperta. Tutto vano: poche ore dopo la donna spirò al Sant’Eugenio di Roma. I due avevano un appuntamento con un avvocato a Todi per parlare delle pratiche della separazione. La coppia aveva tre figli.
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