
Medaglia d’oro alla memoria al poliziotto che, rischiando la vita, aiutò 30 ebrei a salvarsi
di Elio Clero Bertoldi
PERUGIA – Medaglia d’oro alla memoria. Lo Stato, dopo molti decenni, riconosce il comportamento eroico di un poliziotto, Giuseppe Baratta, che rischiò la vita per salvare altri esseri umani. L’agente dell’allora Pubblica Sicurezza partecipò, infatti, in modo attivo e proficuo, a far fuggire un gruppo di ebrei detenuti all’Isola Polvese, in attesa di essere trasferiti nei lager in Germania ed a farli sbarcare a Sant’Arcangelo di Magione, dove erano già attestati gli alleati.
Episodio avvenuto nel corso della Seconda Guerra Mondiale e per la quale sono stati già premiati il sacerdote don Ottavio Posta ed un gruppo di pescatori del Lago Trasimeno.
Lo “zoom” su questa vicenda lo ha posto lo storico Gianfranco Cialini, ricostruendo, nella sua ricerca “Un eroe riscoperto” in maniera precisa e puntuale, gli avvenimenti di quei terribili, ma anche esaltanti per il comportamento di alcuni, giorni.
La medaglia d’oro del Presidente della Repubblica sarà consegnata al nipote del poliziotto Giuseppe Baratta, il pittore spezzino Raffaele, a sua volta figlio di Giuseppe, mercoledì prossimo a Roma, nel corso di una cerimonia pubblica che si terrà a Roma mercoledì prossimo 12 aprile.
Il riconoscimento, che presenta una alta valenza morale, oltre al valore puramente economico, premia un rappresentante dello Stato che, in quei mesi lontani del giugno 1944 (la notte tra il 19 ed il 20 giugno) con l’Italia invasa, in gran parte, dai nazisti e coinvolta in una guerra fratricida, non perse la sua umanità, ma anzi si spese, mettendo in pericolo la sua stessa vita, a favore di un gruppo di ebrei (una trentina tra adulti e piccini). I poveretti, inviati e detenuti a palazzo Guglielmi, sull’isola ancora sotto il controllo tedesco, dalle autorità fasciste di Perugia, suscitarono la “pietas” di don Ottavio, dei pescatori e del poliziotto, ognuno dei quali fornì il proprio contributo. In particolare il poliziotto, che avrebbe dovuto consegnare i detenuti del campo ad una mezza compagnia di tedeschi venuti a prelevarli, li nascose invece nel bosco dell’isola, per tre giorni e tre notti. Passò, poi, il testimone a don Ottavio ed ai pescatori che trasferirono, su diverse barche a a forza di braccia sui remi, gli ebrei fino alla sponda libera di Sant’Arcangelo.
Giuseppe Baratta, originario di Perito di Salerno, all’epoca aveva 25 anni ed era arrivato a Perugia in seguito ad un trasferimento da Milano. Prestò poi servizio a Forlì e ad Ancona, dove si spense nel 1994. Nelle ore successive alla rocambolesca fuga degli ebrei, l’agente fu arrestato dai soldati tedeschi e messo al muro, col mitra già spianato contro di lui, per venire poi risparmiato, miracolosamente, dalla fucilazione.
Mai Baratta si era vantato del suo ruolo nella vicenda. Anzi, con gli stessi familiari, aveva sempre sottolineato come “normale” il suo comportamento. Non ci fossero stati gli storici a ricostruire la storia, nei minimi particolari, nessuno avrebbe conosciuto come si erano sviluppati i fatti e come, in un’epoca in cui la ferocia più animalesca sembrava prevalere, molte, tante persone, dimostrarono di avere un animo sensibile verso il prossimo più vessato e sfortunato.
Sono orgoglioso del cognome ( Baratta) che porto. Anche mio padre era originario di Perito, precisamente di Ostigliano. Chissà forse….potrebbe esserci un legame di amicizia o di parentela. Un caro saluto.