Scoperta italiana: esame del sangue per diagnosticare la Sindrome di Brugada
Milano – Una scoperta italiana potrebbe rivoluzionare la diagnosi della Sindrome di Brugada, una malattia genetica che colpisce il cuore. Ogni anno, si registrano circa 20 milioni di morti improvvise nel mondo, di cui circa 50.000 in Italia. Si stima che almeno il 25% di questi decessi siano associati alla Sindrome di Brugada, che aumenta il rischio di aritmie ventricolari maligne e fibrillazione ventricolare, causando svenimenti e morte improvvisa. Ora, per la prima volta al mondo, uno studio italiano condotto dall’IRCCS Policlinico San Donato di Milano e recentemente pubblicato sull’European Heart Journal, apre nuove prospettive per la prevenzione della morte improvvisa nei pazienti affetti da questa patologia spesso non diagnosticata.
I ricercatori hanno scoperto la presenza di autoanticorpi nel sangue dei pazienti affetti dalla Sindrome di Brugada. Questi autoanticorpi, prodotti in modo anomalo, impediscono il corretto funzionamento dei canali cruciali per le funzioni cellulari vitali, in particolare il ritmo cardiaco. Di conseguenza, la malattia può avere non solo una base genetica ma anche autoimmune, contrariamente a quanto si pensava.
Grazie al lavoro del team di ricerca clinica e molecolare del San Donato, diretto dal professor Carlo Pappone insieme al professor Luigi Anastasia e con il contributo dei primi autori, dottoressa Adriana Tarantino e professor Giuseppe Ciconte, sarà possibile sviluppare un test per la diagnosi precoce. Questo test, realizzabile con un semplice esame del sangue, sarà destinato ai pazienti sospetti o a rischio, con l’obiettivo futuro di estendere lo screening a tutti i bambini in età scolare.
Non è solo una questione genetica “Abbiamo scoperto nuovi meccanismi che sono responsabili di aritmie pericolose per la vita o addirittura di aritmie mortali nei pazienti con sindrome di Brugada, malattia molto temuta dai medici e dai pazienti” – spiega il professor Pappone, uno dei maggiori esperti aritmologi al mondo. “Fino a ieri – prosegue l’esperto – si pensava che fosse una malattia esclusivamente genetica, basata su un’alterazione del Dna; spesso la diagnosi viene fatta individuando le anomalie genetiche, che però non vengono riscontrate in tutti i pazienti benché siano affetti dalla patologia. Nel 70%, infatti, la causa non viene trovata, per cui per molti anni si è discusso su varie ipotesi”.
“Ora, con la nostra ricerca, frutto del lavoro di anni – afferma l’esperto – abbiamo scoperto che uno dei meccanismi che potrebbe spiegare la malattia nella maggior parte dei pazienti è la presenza di autoanticorpi nel sangue, immunoglobuline, che decidono di ‘combattere’ l’organismo e di individuare dei bersagli come ‘nemici’. In realtà non sono bersagli nemici ma, non sappiamo perché, questi autoanticorpi sono generati dalle cellule del sistema immunitario e si attaccano su strutture fondamentali delle cellule cardiache e di tutto il corpo, cioè i canali del sodio”.
“Immaginate il collettore attraverso il quale il benzinaio eroga la benzina in un’automobile; allo stesso modo – spiega Pappone – questi canali permettono il passaggio di alcune sostanze, in particolare dello ione sodio all’interno della cellula, garantendo il normale funzionamento e l’integrità elettrica della cellula. Ma quando vi sono gli autoanticorpi che bloccano questo canale, non entra più il sodio nelle cellule, che perdono l’integrità elettrica, si destabilizzano e possono generare delle malattie mortali. In passato si pensava che questi canali potessero funzionare male solo quando vi fosse un’anomalia genetica a carico dei geni responsabili del funzionamento di questi canali”. Ora si sa che non è più così.
Una malattia subdola La Sindrome di Brugada è insidiosa: molti pazienti muoiono prima di una diagnosi e, in alcuni casi, l’elettrocardiogramma risulta normale senza alcun sintomo premonitore.
“Nello stesso giorno – continua il Prof. Pappone – un paziente può avere un cuore che funziona normalmente e, la notte, improvvisamente, la malattia può manifestarsi generando aritmie a volte mortali. Com’è possibile? In base al nostro studio, riteniamo che durante alcune ore del giorno vi siano questi “battaglioni” di anticorpi che invadono il sangue dei pazienti “attaccandosi” a questi canali e bloccando la loro funzione, mettendo così a rischio il paziente. Non escludiamo – anticipa il professor Pappone – che la nostra scoperta possa avere un significato ‘trasversale’ anche per altre malattie, quindi si potrebbe interrompere quel ciclo potenzialmente letale non solo nella sindrome di Brugada ma anche in altre patologie autoimmuni o oncologiche, dove già sono stati riscontrati questi autoanticorpi”.
Diagnosi e terapia Attualmente, la diagnosi della Sindrome di Brugada si basa su elettrocardiogramma, studio elettrofisiologico e analisi genetiche, esami che richiedono tempo, sono costosi e necessitano di ricovero ospedaliero. La scoperta degli studiosi del San Donato apre la strada alla possibilità di eseguire un esame diagnostico per rilevare nel sangue gli anticorpi implicati nella malattia.
“Una delle principali difficoltà per le malattie cardiogenetiche, in particolare per la sindrome di Brugada, è che la morte arriva prima che sia fatta la diagnosi e i ricercatori di tutto il mondo stanno cercando un modo per individuare questi pazienti – sottolinea il professor Pappone. Grazie alla nostra scoperta, in un prossimo futuro potremmo individuare chi soffre della Sindrome con un semplice prelievo ematico e, soprattutto, prevenire la morte di milioni di persone. Quanto alle possibili cure – conclude l’esperto – non escludo che nel futuro si possano aprire anche nuove prospettive terapeutiche, come l’impiego di farmaci immunosoppressivi o addirittura vaccini contro la morte improvvisa”.
Attualmente, le uniche terapie per i pazienti affetti dalla Sindrome di Brugada includono l’uso di un farmaco chiamato chinidina, che spesso provoca effetti collaterali e non sempre risulta efficace, e l’impianto di un defibrillatore permanente. Nel 2014, esperti ricercatori dell’IRCCS Policlinico San Donato hanno sviluppato una tecnica innovativa: l’ablazione del tessuto di cellule di Brugada malfunzionanti. Questa procedura ha un tasso di successo del 98%, ma è purtroppo eseguita solo in pochissimi centri nel mondo e richiede competenze avanzate, organizzazione, tecnologia ed esperienza.
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