Regolamenti acquisto libri testo, protestano i Proff e le Proff del Pieralli di Perugia

Regolamenti acquisto libri testo, protestano i Proff del Pieralli di Perugia

Regolamenti acquisto libri testo, protestano i Proff e le Proff del Pieralli di Perugia

In una indimenticata scena del film “Totò e i giovani d’oggi” il grandissimo Principe De Curtis sosteneva che “è la somma che fa il totale”. 

di Antonella Valoroso 



In un certo senso è quello che sostengono anche le proff. e i proff. di Lettere del Liceo “A. Pieralli” di Perugia che, dopo un pomeriggio di frustranti consigli di classe, hanno deciso di dare voce al proprio disagio nei confronti di un illogico regolamento ministeriale che ignora il sacrosanto principio affermato dal grande Totò e obbliga i docenti a rispettare dei tetti di spesa annuali per l’acquisto dei libri di testo senza tenere conto che, ad esempio, al primo anno – sia nella scuola media che nelle scuole superiori – si acquistano libri da usare per l’intero ciclo scolastico. I proff. e le proff. chiedono dunque che i tetti di spesa siano calcolati per ciclo scolastico, non per anno, come accade oggi.

La protesta ha trovato voce in una lettera aperta inviata al MIUR -per la quale ci si augura di ricevere risposta entro il 15 maggio -data ultima per le adozioni dei libri per il prossimo anno scolastico- e in una petizione lanciata su change.org


Intanto la voce della protesta è stata già raccolta da Radio3Rai nella puntata della nota trasmissione pomeridiana Fahreneit dello scorso mercoledì 27 aprile


Della vicenda, Valoroso scrive anche sul Corriere della Sera

Perugia, Liceo Linguistico e delle Scienze Umane “A.Pieralli” , ore 15:00 di un martedì che non sarà facile da dimenticare. È il primo giorno di una settimana dedicata ai consigli di classe, e fin qui non ci sarebbe nulla di eccezionale. Al primo punto dell’ordine del giorno si legge però «adozione libri di testo»: …ed è subito incubo! Perché non c’è verso di far tornare i conti. Le colleghe e i colleghi ci provano in tutti i modi ma il risultato non cambia. La chat «docenti di lettere» -che nelle scuole secondarie di secondo grado è donna al 90%- si infiamma.
«Nella 1F ho cambiato latino (più economico) e sarei disposta a mettere grammatica in digitale, ma si sfora comunque di circa 20€».
«In 1L io addirittura NON ho messo grammatica e si sfora di ben 52 euro».

«Anche io in 1 D sono disposta a optare per la grammatica digitale, ma non risolverà del tutto il problema dello sforamento».
«Scusate, non si potrebbe pensare di adottare il testo di storia in formato digitale? Sempre meglio della grammatica, che ha bisogno di esercizi».



Ma qual è l’origine di questo delirio di massa? Perché le prof (e i prof) non possono adottare liberamente i libri di cui hanno bisogno nel formato che ritengono più opportuno, e cioè quello cartaceo? La risposta è molto semplice ma estremamente difficile da accettare. La Nota MI n. 5022 del 28.02.2022 con oggetto “Adozione dei libri di testo nelle scuole di ogni ordine e grado – anno scolastico 2022/2023” riduce ulteriormente i tetti di spesa per l’acquisto dei libri di testo dando per scontata una fantomatica «riduzione dei costi dell’intera dotazione libraria derivanti dal passaggio al digitale e della disponibilità dei supporti tecnologici».

In altre parole nelle segrete stanze del Miur qualche burocrate che non ha mai messo piede in un’aula scolastica, sulla base di argomentazioni non esplicitate, presume a) che tutti gli studenti e le studentesse delle scuole pubbliche italiane abbiano a disposizione almeno un tablet e una connessione a internet (sia a scuola che a casa); b) che ai fini dell’efficacia didattica l’utilizzo di un testo digitale e di un testo cartaceo siano perfettamente equivalenti.

Le cose stanno in maniera molto diversa

Ebbene a questo caro (o cara) burocrate del 2022 vorrei comunicare ufficialmente che le cose stanno in maniera molto diversa da come lei o lui presume. Non solo perché il «passaggio al digitale e la disponibilità dei supporti tecnologici» in moltissime scuole pubbliche italiane sono ancora un miraggio (e su questo si potrebbe anche provare a rimediare con una seria politica di investimenti per l’ammodernamento delle reti e l’acquisto di device da fornire in comodato d’uso almeno a tutti gli studenti e le studentesse nella fascia dell’obbligo), ma soprattutto perché il libro di testo cartaceo è uno strumento indispensabile anche nell’aula 4.0 che ogni docente con una certa competenza digitale (e sono la maggioranza!) vorrebbe avere a disposizione.

Il libro di testo scolastico è probabilmente l’UNICO libro cartaceo

E lo è tanto più nel momento in cui il libro di testo scolastico è probabilmente l’UNICO libro cartaceo che la maggior parte dei cosiddetti “nativi digitali” incontrerà sul proprio cammino. L’uso dell’aggettivo “cosiddetti” non è casuale, caro o cara burocrate del Miur, perché chi ogni giorno nelle scuole pubbliche italiane vive e lavora (e anche in questo caso la sequenza dei verbi non è casuale, perché nella scuola si vive prima di lavorarci) sa bene che le competenze digitali della stragrande maggioranza dei propri alunni e alunne si limita all’utilizzo di Instagram, TikTok e Whatsapp.

I ragazzi e le ragazze del terzo millennio hanno un disperato bisogno di confrontarsi con i libri, quelli veri. Con le pagine che a settembre sanno di fresco e che, se tutto va come deve andare, a giugno si sono trasformate in un mosaico di colori. Libri che pesano, perché lo studio è innanzitutto fatica, ma che sono gli unici sui quali si può imparare a conoscere (e forse anche apprezzare) il tempo lento della lettura e della riflessione. Studi condotti da prestigiosi centri di ricerca internazionali come quello pubblicato già nel 2008 sulla rivista The International Journal of the Book (vol. 5, n.2) – “Millennial Attitudes Toward Books and E-Books”- hanno dimostrato che la carta è il mezzo che meglio si presta alla lettura lunga e complessa.

Ricerca condotta da Anne Mangen

Ma ancora più interessanti sono i risultati della ricerca condotta da Anne Mangen e pubblicati sull’International Journal of Educational Research (vol. 58, 2013). Nell’articolo “Reading linear texts on paper versus computer screen: Effects on reading comprehension” (“Un confronto tra la lettura lineare su carta e su schermo: Effetti sulla comprensione del testo”) la studiosa norvegese riferisce di aver fatto leggere due testi, uno di 1400 e uno di 2000 parole, a due gruppi di 36 studenti al secondo anno di scuola secondaria superiore: al primo ha fornito il testo cartaceo e all’altro un file Pdf da leggere sullo schermo di un computer.

Il risultato dell’esperimento non lascia dubbi

A entrambi i gruppi ha poi chiesto di svolgere degli esercizi di comprensione del testo. Per la studiosa il risultato dell’esperimento non lascia dubbi: «gli studenti che avevano letto il testo cartaceo hanno ottenuto un punteggio significativamente più alto nella comprensione del testo rispetto a quelli che avevano letto il testo in formato digitale».


Antonella Valoroso (al centro)

Senza avere l’ambizione o la presunzione di dare lezioni a nessuno

Senza avere l’ambizione o la presunzione di dare lezioni a nessuno, mi permetto di raccomandare caldamente la lettura dell’intero articolo di Anne Mangen alla dirigente Maria Assunta Palermo, la cui firma digitale si legge in calce alla Nota MI n. 5022 del 28.02.2022 e le cui competenze in lingua inglese, secondo il Cv pubblicato sul sito del Miur, dovrebbero essere tali da consentirle una adeguata comprensione del testo. Il contenuto in versione integrale è disponibile in formato digitale a questo url.

E per favore, cara dirigente Palermo, non ceda alla tentazione di stampare il file per leggerlo su supporto cartaceo. Tenga presente che, data la «disponibilità dei supporti tecnologici» negli uffici del Miur, può leggerlo tranquillamente sullo schermo del suo computer con conseguente «riduzione dei costi» a carico dei contribuenti per il toner e la carta.

In attesa di una risposta alla lettera aperta inoltrata al Miur e rilanciata anche dalla nota trasmissione radiofonica Fahreneit di Radio3Rai, su change.org è già partita una petizione per rivedere l’assurda normativa sui tetti di spesa.

Perché basterebbe davvero poco per risolvere il problema che in questo momento sta mettendo in crisi migliaia di docenti in tutta Italia. Basterebbemodificare la maniera in cui si calcolano i tetti di spesa: non più per anno, perché non ha senso, ma per ciclo o fascia d’istruzione. Per la scuola secondaria di primo grado il tetto dovrebbe essere calcolato sull’intero triennio, per la scuola secondaria di secondo grado andrebbe invece diviso tra biennio (primo e secondo anno e quindi fascia dell’obbligo) e triennio (terzo, quarto e quinto anno). C’è tempo fino al 15 maggio per cambiare le regole. Basterebbe una Nota Integrativa del Ministero. Si può fare.

*Antonella Valoroso è docente di Lettere al Liceo Pieralli e di Professor of Italian Studies al “The Umbra Institute” di Perugia


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