
Lo straniero che aveva ucciso la moglie a coltellate si è suicidato
Lo straniero che aveva ucciso – Ancora un episodio drammatico in un carcere umbro. Questa mattina, il detenuto albanese Xhafer Uruci, che era stato fermato con l’accusa di aver ucciso la moglie giovedì scorso a Terni ha, ha deciso di porre fine alla propria esistenza impiccandosi nella sua cella, dove era ristretto da solo.
Lo comunica il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria.
“Purtroppo il pur tempestivo intervento dell’Agente di servizio non è servito a salvare l’uomo”, spiega Fabrizio Bonino, segretario nazionale per l’Umbria del SAPPE. “L’uomo è stato trovato impiccato alle sbarre della cella. Come sapete, abbiamo sempre detto che la morte di un detenuto è sempre una sconfitta per lo Stato”.
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Per Donato Capece, segretario generale del SAPPE, “la via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere. Il suicidio di un detenuto – e dall’inizio dell’anno sono stati già 12, più un poliziotto che si è tolto la vita pochi giorni fa – rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti e sconforta che le autorità politiche, penitenziarie ministeriali e regionali, pur in presenza di inquietanti eventi critici, non assumano adeguati ed urgenti provvedimenti”.
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Capece si appella al Ministro Guardasigilli Carlo Nordio: “Chiedo al Ministro della Giustizia Carlo Nordio un netto cambio di passo sulle politiche penitenziarie del Paese. E’ necessario prevedere un nuovo modello custodiale. Ne abbiamo parlato anche recentemente con il Sottosegretario alla Giustizia Del Mastro, che ci è sembrato particolarmente sensibile.
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A lui abbiamo ribadito che tutti i giorni i poliziotti penitenziari devono fare i conti con le criticità e le problematiche che rendono sempre più difficoltoso lavorare nella prima linea delle sezioni delle detentive delle carceri, per adulti e minori. Mi riferisco alla necessità di nuove assunzioni nel Corpo di polizia penitenziaria, corsi di formazione e aggiornamento professionale, nuovi strumenti di operatività come il taser, kit anti-aggressioni, guanti antitaglio, telecamere portatili, promessi da mesi dai precedenti vertici ministeriali ma di cui non c’è traccia alcuna in periferia. Confidiamo dunque che ora si vedano finalmente fatti concreti”.

L’intervento del Garante dei Detenuti, Giuseppe Caforio
Il secondo suicidio dall’inizio dell’anno al carcere di Terni deve essere motivo di riflessione e non di facili conclusioni. Le carceri umbre e segnatamente quello di Terni stanno vivendo un momento delicato dovuto almeno a tre fattori concomitanti:
- – ci sono circa 550 detenuti a fronte di una capienza prevista per 450, di cui 150 con problematiche psichiatriche serie con molti di loro incompatibili con la carcerazione;
- – gravi carenze di organico nella polizia penitenziaria con Terni che ha il rapporto più deficitario tra numero di detenuti e agenti penitenziari;
- – carenze sanitarie specie di psicologi e psichiatrici.
Il suicidio di un detenuto è una sconfitta del sistema e getta scompiglio psicologico fra i detenuti e fra gli agenti penitenziari alterando i delicati equilibri dell’intera comunità carceraria. Encomiabile in questo contesto è il lavoro della polizia penitenziaria che con abnegazione e umanità spesso si sostituisce al personale sanitario.
Per arginare l’attuale contesto occorre una task force di psicologi e psichiatri che possa essere di supporto in una sorta di burn out ai detenuti e agli agenti penitenziari fortemente provati da eventi come quelli dei suicidi e dell’auto lesionismo.
Il Garante dei Detenuti Umbria
Giuseppe Caforio
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