
E’ morto Piero Terracina, il ricordo di Sarah Bistocchi e Tommaso Bori
dai Profili FB di Sarah Bistocchi e Tommaso Bori (Foto di M. Giugliarelli)
Oggi è un giorno triste, un giorno di lutto, ci ha lasciato Piero Terracina, italiano rastrellato dai fascisti perché ebreo e deportato dai nazisti nei lager. Le ideologie che trasformano le persone in numeri, in bestie da marchiare con l’inchiostro sulla pelle, fu lui a dirmi il suo: A-5506.
Era uno degli ultimi sopravvissuti all’Olocausto.
Fu padre e figlio per Perugia, per questo scegliemmo di conferirgli la cittadinanza onoraria: ogni volta che poteva partecipava alla Giornata della Memoria, raccontava la sua storia che grondava orrore agli studenti della nostra regione perché le nuove generazioni non potessero negare ciò che è stato. Come, purtroppo, sempre più spesso accade. Spero che le sue parole siano un modo degno di ricordarlo.
«Ci misero in 64 in un vagone. Fu un viaggio allucinante, tutti piangevano, i lamenti dei bambini si sentivano da fuori, ma nelle stazioni nessuno poteva intervenire, sarebbe bastato uno sguardo di pietà. Viaggiavamo nei nostri escrementi: Fossoli, Monaco di Baviera, Birkenau-Auschwitz. Arrivammo dentro il campo di concentramento, dalle fessure vedevamo le SS con i bastoni e i cani. Scendemmo, ci picchiarono, ci divisero. Formammo due file, andai alla ricerca dei miei fratelli, di mia madre, noi non capivamo, lei sì: mi benedì alla maniera ebraica, mi abbracciò e disse “andate”. Non l’ho più rivista. Mio padre, intanto, andava verso la camera a gas con mio nonno. Si girava, mi guardava, salutava, alzava il braccio. Noi arrivammo alla “sauna”, ci spogliarono, ci tagliarono anche i capelli. E ci diedero un numero di matricola. “Dove sono i miei genitori?”, chiesi a un altro sventurato. E lui rispose: “Vedi quel fumo del camino? Sono già usciti da lì”»
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