Lavoro e mismatch in Umbria: la sfida del mercato
Lavoro e mismatch – La difficoltà di far incontrare domanda e offerta di lavoro continua a essere uno dei paradossi più evidenti e preoccupanti del mercato del lavoro in Umbria. Le analisi delle associazioni di categoria, della Banca d’Italia e le rilevazioni mensili della Camera di Commercio dell’Umbria evidenziano un quadro complesso.
Da un lato, molte persone, soprattutto giovani, cercano lavoro senza successo. Dall’altro, le aziende non riescono a trovare le figure professionali necessarie. Il report Unioncamere “Skill mismatch delle imprese” di giugno 2024 mostra che l’Umbria è terzultima in Italia per la percentuale di assunzioni di laureati. Il rapporto annuale “L’economia dell’Umbria” della Banca d’Italia, pubblicato il 21 giugno 2024, segnala crescenti difficoltà nel reperimento di personale dal 2019.
Anche con l’aumento delle assunzioni, persiste un forte gap dovuto alla mancanza di offerta. I dati della Camera di Commercio dell’Umbria mostrano che a luglio sono state effettuate 2.254 assunzioni su 3.168 previste, e ad agosto 2.672 su 4.310 programmate. La percentuale di mismatch è passata dal 55% di luglio al 62% di agosto, il secondo dato più alto in Italia.
Non è solo una questione di stipendi, sebbene in Umbria si guadagni meno rispetto alla media nazionale. Questo fenomeno strutturale è influenzato da fattori come la denatalità, l’invecchiamento della popolazione, e un tasso di incidenza dei Neet (giovani che non studiano, non lavorano e non si formano) ancora alto, seppur sceso al 10,5% nel 2023. Preoccupante anche il tasso di abbandono scolastico.
Culturalmente, gli studenti tendono a scegliere percorsi universitari classici, spesso non in linea con le esigenze del mercato del lavoro. In Umbria, uno su tre occupati è sovraistruito, ricoprendo mansioni inferiori ai titoli di studio. I percorsi di orientamento sono carenti, soprattutto per studi innovativi e professionalità richieste dalle aziende, come quelli offerti dagli ITS e dalle discipline STEM.
In un contesto caratterizzato dalla transizione digitale, ambientale e demografica, è necessaria una politica economica e culturale che rafforzi il rapporto tra scuola e impresa. La Regione deve assumere un ruolo di coordinamento. Le politiche attive del lavoro devono andare oltre la formazione per upskilling e reskilling, garantendo che i giovani siano adeguati al mondo del lavoro. Le imprese offrono opportunità per esprimere talento e ambizioni, ma è fondamentale programmare la formazione e l’orientamento scolastico, universitario e professionale, tenendo conto degli effetti del PNRR.
Il rapporto “Previsioni dei fabbisogni occupazionali e previsionali in Italia a medio termine” di Unioncamere stima che nel periodo 2024-2028 l’Umbria avrà un fabbisogno occupazionale di 51mila unità, derivante principalmente dalla replacement demand (80%) e dall’expansion demand (10mila unità). Saranno necessarie circa 20mila figure professionali di alto profilo, 18mila impiegati e professioni commerciali e dei servizi, e 9mila operai specializzati e conduttori di impianti. Il 36,1% del fabbisogno sarà rappresentato da personale con formazione terziaria, il 51,3% da lavoratori con formazione secondaria di secondo grado.
La sfida è grande, con costi derivanti dal minor valore aggiunto nei settori economici a causa del ritardato o mancato inserimento dei profili professionali necessari.
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