Ferrero risponde alle mail, la Nestlé no! Alberto Mossone chiede perché

Nell'articolo anche il testo della missiva inviata a suo tempo alla gerenza

Stabilimento Perugina di San Sisto, Spagnoli, continua l’agonia

Ferrero risponde alle mail, la Nestlé no! Alberto Mossone chiede perché

Il 27 luglio 2017 avevo scritto una mail al Presidente della Ferrero, Ambasciatore Francesco Paolo Fulci, che avevo ascoltato con molto interesse al convegno “Etica ed economia” organizzato a Foligno da Nemetria lo scorso 19 maggio, dove aveva raccontato la storia della Ferrero dalla fondazione nel 1946 ai nostri giorni.

Nella mail avevo scritto:

So che da un paio d’anni Ferrero ha avviato una strategia di sviluppo che punta anche su acquisizioni e non solo alla crescita per linee interne, l’ultima delle quali riguarda proprio il settore dolciario di Nestlé negli Stati Uniti.

Certamente Ferrero ha una pianificazione di lungo termine, all’interno della quale sono già state individuate  le  relative strategie, ma a volte possono anche esserci delle opportunità interessanti non previste né prevedibili, che possono stimolare il management aziendale a prenderle in considerazione.

Per la mia esperienza di marketing credo che Perugina e il suo prodotto simbolo, i Baci, possano integrarsi in maniera sinergica all’interno del portafoglio prodotti Ferrero sia nel mercato domestico, che nei mercati export, e credo anche che, dopo aver ascoltato la Sua relazione a Foligno ed aver letto nel sito il Rapporto sulla responsabilità sociale d’impresa, sintetizzato dallo slogan: “CONDIVIDERE VALORI PER CREARE VALORE”, un’eventuale acquisizione di Perugina da parte di Ferrero sarebbe una soluzione ottimale non solo per i dipendenti dell’azienda, ma per tutti gli stakeholders e per la città di Perugia, conosciuta anche come “Città del Cioccolato”.

Dalla sede centrale in Lussemburgo il 31 luglio mi è arrivata una mail  di riscontro, nella quale, ringraziando per la proposta, mi informavano che “dopo consultazioni interne, non erano interessati”.

Il 24 marzo 2017 avevo scritto una mail al Dr. Massimo Ferro, direttore Corporate Strategy Gruppo Nestlé Italia, chiedendo notizie sugli investimenti in marketing promessi per Perugina nel comunicato stampa del 2 marzo 2016 all’interno del piano industriale triennale per il rilancio internazionale di Perugina e dei Baci. La mail non è mai stata riscontrata.

Il 23 gennaio 2018 ho scritto una nuova mail al Dr. Massimo Ferro e alla Dott.ssa Valeria Norreri, direttore  Confectionery International Business Unit,  anch’essa rimasta ad oggi senza riscontro.

Di seguito riporto la parte finale della mail, nella quale ponevo all’Azienda quelle domande che né le Istituzioni nazionali e locali, né i sindacati, hanno mai fatto nei tanti tavoli sulla vertenza:

Il 18 gennaio 2018 c’è stato l’ennesimo tavolo al MISE e, l’Azienda ha ribadito le posizioni già note, come  si leggeva in un articolo pubblicato dal quotidiano La Nazione il giorno successivo, a firma Silvia Angelici:

Stiamo investendo 60 milioni in tre anni per la riorganizzazione della produzione e lo sviluppo anche internazionale del business, – dice Massimo Ferro, direttore Corporate Strategy Gruppo Nestlé Italia – ma a regime S. Sisto deve avere 616 lavoratori e non i 900 e passa attuali”:

Nei tavoli in Confindustria, in Regione e al MISE i numeri presentati sono sempre stati i 60 milioni di investimenti in tre anni e i 364 esuberi, ma mai è stato illustrato il piano industriale a 3 anni, né i risultati attesi in termini di incremento dei volumi produttivi, né lo stato di avanzamento del piano stesso.

Vorremmo quindi conoscere nei dettagli dove, quali e quanti dei 45 milioni di investimenti di marketing,  a  ormai quasi due anni di distanza dal loro annuncio, sono stati effettuati e quali risultati hanno portato.

Sul Corriere dell’Umbria del 19 gennaio, in un articolo del neo-direttore Franco Bechis (firmato con lo pseudonimo Flora Bincher) si leggeva:

Alla guida della confezione dei Baci un anno e mezzo fa era arrivata dalla San Pellegrino la manager di ferro Valeria Norrieri, che è stata protagonista del fortunatissimo lancio dei Baci sul mercato cinese, con tanto di traduzione dei celebri cartigli in cinese mandarino grazie alla collaborazione di un pool di esperti linguistici”.

E’ possibile sapere in termini di fatturati e di volumi produttivi questo “fortunatissimo lancio dei Baci sul mercato cinese” quanto ha già portato  e quanto il piano di marketing triennale prevede che porterà? E quali altre azioni  e in quali mercati la dottoressa Norrieri ha attivato per far diventare il brand regionale “Baci” un brand globale, così come ha fatto in passato per San Pellegrino e come promesso nel comunicato stampa del 2 marzo 2016?

E’ chiedere troppo da parte di una comunità, quella di Perugia e dell’Umbria, che si rifiuta di accettare il declino di uno dei suoi patrimoni più importanti?”

Purtroppo, come spesso succede in  Italia, l’ottica è solo di breve periodo e la priorità è risolvere i problemi contingenti, nella fattispecie la salvaguardia dei posti di lavoro (i 364 esuberi), magari chiedendo ulteriori aiuti pubblici, come un ennesimo rinnovo degli ammortizzatori sociali.

Credo che Nestlé per Perugina di questi aiuti ne abbia avuti anche troppi, così come ha beneficiato di notevoli contributi statali anche recentemente per il progetto Pizza Buitoni a Benevento. Nel comunicato stampa di Nestlé Italia del 12 settembre 2017 si legge infatti: “ Nasce a Benevento l’hub  internazionale della pizza surgelata Un impianto industriale in grado di sfornare 350 pizze al minuto …. un investimento di oltre 50 milioni di euro, con il contributo del Ministero dello Sviluppo Economico – attraverso Invitalia – e di Regione Campania”.

Il vice ministro Bellanova avrebbe dovuto ricordarlo al management della multinazionale svizzera per cercare di ammorbidirne la posizione invitandola a rispettare gli impegni precedentemente assunti.

Purtroppo non è andata così e temo che, salvo una cessione del ramo d’azienda a terzi (ipotesi che alcuni media già danno per avvenuta, ipotizzando che l’acquirente abbia subordinato la formalizzazione dell’accordo alla riduzione dell’organico a 600 addetti), alla fine di questa proroga che si spera di ottenere, il problema si ripresenterà in tutta la sua gravità.

Solo rispettando e implementando il piano di rilancio indicato da Nestlé nel marzo 2016, Perugina e il “Bacio”, il sito produttivo di S. Sisto e le persone che ci lavorano (direttamente, nei servizi in outsourcing e nell’indotto di subfornitura) possono avere prospettive a medio, lungo periodo.

Alberto Mossone


Lettera aperta alla Dott.ssa Valeria Norreri, Direttore Confectionery International Business Unit Nestlé  e al Dr. Massimo Ferro, Direttore Corporate Strategy Gruppo Nestlé in Italia.

Egregi signori,

Il comunicato stampa di Nestlé Italia del 2 marzo 2016 così titolava:

BACI® PERUGINA® ECCELLENZA DEL CIOCCOLATO MADE IN ITALY NEL MONDO: DA NESTLÉ PIANO DI SVILUPPO PER LO STORICO MARCHIO E LO STABILIMENTO PERUGINO

Potenziamento della posizione in Italia, sviluppo dell’export, ammodernamento del polo produttivo di San Sisto, ingresso di due manager di grande esperienza internazionale: questa la ricetta del Gruppo per lo storico marchio di Perugia

Il comunicato stampa così concludeva:

“Il Gruppo crede fortemente nello storico marchio e il piano lo dimostra, perché mira a farlo crescere in Italia e in tutto il mondo – ha dichiarato Leo Wencel, Capo Mercato Gruppo Nestlé in Italia Per questo abbiamo messo in campo importanti investimenti e una squadra composta da manager forti di risultati significativi in operazioni di riposizionamento e aumento delle vendite nel mercato italiano e internazionale. Siamo orgogliosi di poter dare il nostro contributo nel  confermare Perugia come capitale italiana del cioccolato, anche a livello internazionale”.

Sono stato nel Marketing della Perugina dal 1970 al 1977  e per due anni ho ricoperto la posizione di Product Manager dei Baci e avevo accolto con entusiasmo il piano industriale descritto nel comunicato stampa sopra citato, perché speravo che Perugina e il suo prodotto leader, i Baci, potessero tornare ad essere protagonisti importanti nel mercato del cioccolato in Italia e, soprattutto, nel mercato globale.

Ad un anno di distanza,non avendo notizia dell’avvio degli investimenti di marketing  di 45 milioni di € previsti nel piano, il 24 marzo 2017avevo inviato una mail al Dr. Massimo Ferro, nella quale scrivevo tra l’altro:

“Mi farebbe inoltre piacere sapere a che punto sono gli investimenti di marketing sull’internazionalizzazione del brand Baci Perugina (per un importo pari a 45 milioni di €.), di cui al comunicato stampa del 2 marzo 2016.

Vorrei conoscere le attività già avviate e in quali Paesi, perché i dati AIDEPI  sulla produzione e sull’export dei  prodotti dolciari  indicano andamenti positivi anche per il comparto del cioccolato e dei prodotti a base di cacao,  che nel 2015 ha rappresentato ben  il 40,4 % del totale in valore, che è stato pari a 3.555,7 milioni di € e del 30,7 % dei volumi totali esportati.”

A quella mail non ho mai ricevuto alcuna risposta, nemmeno da parte di Emanuela Kron, Direttore Corporate Affairs Nestlé Italia, e di Maria Chiara Fadda Direttore Relazioni Esterne Nestlé Italia, cui l’avevo indirizzata per conoscenza.

Il 9 novembre si è tenuto presso il MISE l’ennesimo tavolo sulla vertenza in corso, dove Nestlé ha ribadito le proprie posizioni sul futuro della  Perugina e del sito produttivo di S. Sisto.

Questo quanto pubblicato da La Nazione Umbria in un articolo a firma Silvia Angelici del 10 novembre dal titolo:

“ Due ore per ribadire sul tavolo del viceministro Teresa Bellanova che la “Perugina” alla scadenza della cassa integrazione e cioè a giugno 2018, sarà tarata su 600 addetti. Lo ha detto per l’ennesima volta il Direttore delle relazioni industriali di Nestlé Gianluca Toia e quello delle strategie Massimo Ferro. Secondo la multinazionale insomma sono condizione essenziale per attuare subito il piano di rilancio con gli investimenti già annunciati: 15 milioni di euro per il rinnovo dell’attrezzatura ed altri 45 per il marketing”.

Sfogliando on line sul sito della multinazionale svizzera il report con i risultati del 1° semestre 2017, si legge che a fronte di un aumento del fatturato del 2,3% a livello del Gruppo, la business unit “Water”(S. Pellegrino e altre acque minerali) realizza un incremento del 4,2%, le units “Powdered and liquid beverages” (Nescafé) e “Pet care” (Purina e altri marchi di cibo per animali) segnano un +3,2%, mentre la business unit “Confectionery” (Cioccolato) è l’unica con un dato negativo: -1,6%. Anche a livello di redditività (margini per prodotto), il rapporto  semestrale indica che la unit “Confectionery”, a fronte di un valore medio del 15,8% (stazionario rispetto allo stesso periodo del 2016) è quella che registra la performance peggiore: 10,2%, con un calo del 30% sul 2016, molto meno delle units più performanti:  “Powdered and liquid beverages”, che registra un 22,9% e “Pet care”, che realizza un 20,6%.

Il mercato del cioccolato è in salute, sia in Italia, che nel resto del mondo, come dimostra anche l’articolo di Giuliana Ferraino sul Corriere della Sera del 29 dicembre, nel quale, ricordando i 140 anni dalla fondazione di Venchi, storico marchio piemontese fallito nel 1978 e rilanciato nel 1997 da una cordata di 5 imprenditori coraggiosi, capitanati da Daniele Ferrero, si legge che l’azienda, che dieci anni dopo, nel 2007 fatturava  30 milioni, di cui il 95% in Italia ha raggiunto i 63 milioni nel 2016 e stima di arrivare a 80 milioni nel 2017, ipotizzando un budget di 100 milioni nel 2018. Venchi, opera con 88 negozi monomarca, di cui 47 in Italia, dove si realizza il 70% del fatturato, con un migliaio di dipendenti a livello globale. “L’accelerazione passerà soprattutto dall’estero, con aperture in Gran Bretagna, Asia, Medio Oriente e Usa. Proprio ieri è stata inaugurata una boutique Venchi a Miami”, riporta ancora l’articolo.

E dire che l’idea dei negozi monomarca è stata una delle grande intuizioni di Bruno Buitoni e dei fattori di successo del brand Perugina, il primo negozio all’estero fu aperto nel 1939 a New York nella mitica 5th Avenue!

Purtroppo, invece, in questo comparto Nestlé stia avendo problemi ( di quote di mercato, di redditività, di eccesso di capacità produttiva) e pensa quindi a disinvestimenti per investire invece in settori dove i fatturati e la redditività sono più interessanti. La cessione della unit “Confectionery” della divisione Nestlé Usa  alla Ferrero conclusasi alcuni mesi fa ne è una chiara dimostrazione.

Nessuno può contestare ad un’ Azienda le sue scelte strategiche di allocazione risorse, ma, per tornare alla vertenza Perugina, non si può non  sottolineare l’ambiguità del comportamento di Nestlé in questi ultimi due anni su Perugina e su S.Sisto: da un trionfalistico piano di sviluppo sul mercato interno e su quello mondiale ad una “fabbrica da sottoscala” con 600 addetti! Negli anni’70 la IBP Industrie Buitoni Perugina aveva un  organico di quasi 7.000 addetti e la metà erano in Perugina. Non conosco il dato degli occupati Perugina al momento dell’acquisizione da parte di Nestlé, ma credo oscillassero tra i 2.500  e i 3.000 addetti.

“Perugina è in trasformazione, ma non certo in crisi, né in vendita, né tanto meno in liquidazione”. Così si legge nella nota stampa Di Nestlé Italia del 12 dicembre scorso. Prendiamo atto con soddisfazione di questa notizia,  ed anche di quanto riportato ancora nella stessa nota: “Perugina valorizza i propri marchi “storici” valutando attentamente l’evoluzione dei trend commerciali, di mercato e le esigenze in continua evoluzione dei consumatori, andando via via a riscoprire e rilanciare ricette dell’antica tradizione che possano essere ancora oggi successi commerciali. Altre novità dalle radici storiche potranno vedere la luce nelle prossime stagioni, ma preferiamo non anticipare nulla per ovvie ragioni di concorrenza”.

Vorremmo però conoscere nei dettagli dove, quali e quanti dei 45 milioni di investimenti di marketing a quasi due anni di distanza dal loro annuncio sono stati effettuati e quali risultati hanno portato, perché  a giudicare dai volumi produttivi dello stabilimento di S. Sisto, non sembra esserci stato l’atteso  incremento.

E’ chiedere troppo da parte di una comunità, quella di Perugia e dell’Umbria, che si rifiuta di accettare il declino di uno dei suoi patrimoni più importanti?

Grazie dell’attenzione e buon lavoro!

Alberto Mossone

alberto.mossone@gmail.com

 

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