Accordo Perugina Nestlé, Fressoia, bene, ma gli altri fallimenti?

Fallimenti di imprese di varia natura, commerciale, artigianale, professionale, piccola industria

Accordo Perugina Nestlé, Fressoia, bene, ma gli altri fallimenti?

Accordo Perugina Nestlé, Fressoia, bene, ma gli altri fallimenti?

da Luigi Arch. Fressoia
Ovviamente siamo contenti che tra managment Perugina/Nestlè e Sindacati/Istituzioni sia maturato un accordo che sistema in modo accettabile i 346 esuberi che l’azienda in un primo momento voleva semplicemente licenziare. Benissimo, però è giusto far notare alcune cose. Nelle stesse settimane della vertenza, precisamente a metà febbraio, i giornali locali hanno riportato che all’inaugurazione dell’anno giudiziario, il presidente della Corte d’Appello ha denunciato 405 fallimenti presso il tribunale del capoluogo per l’anno 2017.

Fallimenti di imprese di varia natura, commerciale, artigianale, professionale, piccola industria. 405 è un poco superiore a 346 ma per i primi non si è mobilitato nessuno. Nessun politico, nessun vescovo, nessun sindacato, nessun giornalista ha menato scandalo e men che meno ha organizzato resistenza a quei 405 fallimenti; nessun tavolo istituzionale, nessuna convocazione ministeriale, nessun assessorato che coordina i soggetti istituzionali, le forze economiche e prova a reperire fondi.

Sapete il perché di questa disparità di trattamento? Mi dispiace essere sgradevole, ma la risposta è che piacenti o nolenti noi tutti siamo immersi in una mentalità profondamente e pervasivamente marxista, secondo la quale l’unico soggetto sociale che merita attenzione è la mitica classe operaia.

La ciucciamo come latte materno e quindi non possiamo vederla. L’operaio produce alla catena un prodotto che in ogni caso deve -prima- essere pensato, progettato, ingegnerizzato e preparato con forniture appropriate dei materiali necessari. Dopo la produzione operaia, il singolo pezzo di merce deve essere distribuito e venduto (da ultimo anche riciclato).

Eppure tutti questi altri soggetti economici possono fallire e chiudere bottega, ne conosco diversi di progettisti, camionisti, commercianti che si sono messi a cercare un altro lavoro. Ci sono due aggravanti in questa sistematica discriminazione.

I 346 operai se perdono il lavoro rimangono 346 (più i loro familiari), invece 405 imprese che chiudono colpiscono necessariamente alcune persone ciascuna (con relative famiglie), mediamente almeno 405 x 3 ovvero 1.215 famiglie (ma sono di più).

Il presidente della Corte d’Appello ne ha parlato perché per evitare fino allo stremo il fallimento vengono commessi diversi reati fiscali e contributivi (evasioni)… L’operaio licenziato perde solo gli stipendi futuri, chi invece fallisce rimane debitore di tutti i creditori che ne hanno chiesto il fallimento. Quindi l’artigiano, il commerciante, il professionista che fallisce, a differenza dell’operaio, ha grandi e durature implicazioni economiche e perfino giudiziarie, amministrative e sovente penali. Ma nessuno si commuove per lui. Così è se vi pare.

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