Proteste a Perugia, studenti, prof e ricercatori sul piede di guerra
A Perugia, una serie di proteste sta scuotendo la comunità studentesca, docente e dei ricercatori a causa dell’introduzione del DPCM 60 CFU, un requisito necessario per l’abilitazione alla carriera di insegnante. Questo decreto del governo impone la frequenza di corsi con un costo fino a 2500 euro, un ulteriore ostacolo economico per chi aspira a diventare insegnante.
Il Governo introduce il DPCM 60 CFU con costi fino a 2500 euro per l’abilitazione, scatenando le proteste |
I manifestanti criticano il governo e accusano di creare barriere economiche inaccettabili per chi desidera intraprendere questa carriera, contrariamente ai principi di merito invocati da alcuni partiti politici. Il sindacato studentesco ha cercato di ottenere fondi statali per garantire la gratuità dei corsi per l’abilitazione, ma la richiesta è stata respinta.
Non solo gli studenti, ma anche docenti e ricercatori si sono uniti alle proteste. Il sindacato studentesco ha inviato una lettera alle principali università di Perugia, chiedendo che i corsi siano gratuiti per gli studenti con un ISEE inferiore a 30.000 di reddito. La lettera è stata sottoscritta da diverse organizzazioni, tra cui FLC-CGIL Umbria, Associazione Nazionale Docenti Universitari e Rete 29 Aprile.
Le proteste in corso a Perugia fanno parte di una serie di mobilitazioni che coinvolgono il mondo della cultura e dell’istruzione. I manifestanti sostengono che il sistema educativo è basato sulla precarietà e che servono investimenti, assunzioni e politiche partecipative per affrontare le sfide del sistema scolastico.
In autunno, sono previste ulteriori proteste e vertenze su questioni come il finanziamento dei circuiti antiviolenza, la crisi abitativa e l’autonomia differenziata. Le forze di alternativa, rappresentate da studenti, giovani e lavoratori, stanno mettendo alla prova le politiche dei partiti di governo a livello nazionale e locale.
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