Coronavirus è corsa per allestire rianimazioni e terapie intensive
Gli avamposti sanitari in Umbria sono un po’, come dire, degli “osservati speciali“. Sì perché, in questo continuo espandersi del Covid 19, è inevitabile che si facciano due conti: basteranno le terapie intensive, saranno sufficienti le rianimazioni.
Notizia delle ultime ore è che posti letto nelle terapie intensive italiane “potrebbero essere aumentati, in tempi brevi, di altre 1.000 unità, ovvero del 20%, poiché le rianimazioni sono dotate di spazi che possono essere implementati con nuovi posti letto in caso di necessità”.
Lo ha detto all’Agenzia nazionale di stampa associata il presidente della Società italiana di medicina di emergenza e urgenza (Simeu), Salvatore Manca, rilevando come ora “il rischio è che i posti attualmente disponibili in rianimazione vengano saturati rapidamente per l’ emergenza coronavirus“.
Tuttavia, avverte, “andrebbero di pari passo acquisiti nuovo personale ed apparecchiature“. Nelle terapie intensive – i cui posti letto sono stabiliti a livello nazionale sulla base della popolazione residente – è presente un infermiere ogni 2 posti: “Il numero degli infermieri potrebbe essere aumentato abbastanza celermente – spiega – poiché vi è oggi una quota di infermieri neo-laureati ma disoccupati che potrebbe essere subito impiegata. Più difficile, far fronte alla catena di medici rianimatori“. Come “ultima ratio – rileva – si potrebbe pensare a presidi ad hoc da allestire come rianimazioni”.
Non manca solo la tecnologia, quindi, manca anche il personale che, non va dimenticato, è sempre più “al fronte” nella lotta al temibile microorganismo patogeno.
La soluzione più rapida per sopperire alla carenza di medici rianimatori, osserva Manca, “è impiegare gli specializzandi agli ultimi anni di specializzazione, ma la questione va affrontata in modo stabile alla radice e non solo sull’onda dell’ emergenza attuale. La soluzione vera sta infatti nell’aumentare il numero dei posti nelle scuole di specializzazione per l’ Emergenza-urgenza”.
Se poi la situazione in Italia dovesse peggiorare rapidamente e fosse necessaria una rapida disponibilità di ulteriori posti in rianimazione, “in ultima ratio – afferma Manca – si potrebbero identificare presidi ospedalieri da attrezzare esclusivamente come terapie intensive. Si tratterebbe cioè di identificare reparti i cui pazienti possono essere spostati o con maggiore disponibilità di posti letto da dedicare a questa emergenza”.
Quanto all’organizzazione che gli ospedali si stanno dando per fare fronte al diffondersi del nuovo coronavirus, “la quasi totalità, ormai, si è dotata di un triage differenziato iniziale: il triage per la valutazione dei sintomi viene fatto cioè prima di entrare in ospedale, in tende allestite dalla Protezione civile o in ambulanze ad hoc oppure in sale separate. Chi ha sintomi sospetti viene quindi indirizzato ad un accesso differenziato per entrare in ospedale. Successivamente, i pazienti vengono all’ occorrenza ricoverati nei reparti di malattie infettive oppure, laddove non fossero presenti tali reparti – conclude Manca – in stanze singole in aule ospedaliere definite per evitare ogni contatto con altri pazienti”.
E per far fronte ai possibili malati sarebbero già disponibili 6.600 posti in 80 caserme. L’ex ospedale militare Baggio, a Milano per esempio, aprirà domani, dopo i lavori di adeguamento realizzati anche in collaborazione con gli specialisti del policlinico militare ‘ Celio’ di Roma. La struttura alla periferia del capoluogo lombardo dispone di circa 50 posti letto.
Una sessantina, invece, sono quelli di una struttura dell’Aeronautica a ridosso dell’ aeroporto di Linate, anch’ essa messa a disposizione per l’ emergenza. Discorso analogo per gli alloggi dell’ Aeronautica militare di San Damiano, a Piacenza, come era stato annunciato già nei giorni scorsi. Il Comando operativo di vertice interforze ha anche individuato alcune strutture da impiegare eventualmente per la messa in quarantena, in varie parti d’ Italia: tra queste, la base logistica di Colle Isarco (Bolzano) e quella di Roccaraso (L’ Aquila) dell’ Esercito, le basi dell’ Aeronautica di Taranto, Trapani Birgi e Decimomannu (Cagliari).
E a Perugia intanto il rettore Maurizio Oliviero, che oramai si sa, è molto attento a tutte le dinamiche che riguardano l’Ateneo di Perugia. Sta dedicando tempo e lavoro all’area sanitaria. E lo fa anche con una visita a sorpresa come ieri l’altro quando è arrivato al nosocomio perugino. In ospedale ha incontrato alcuni calibri da novanta del Santa Maria della Misericordia.
Mancava il direttore generale, Antonio Onnis, perché fuori sede. Direttore al quale, il Magnifico non avrebbe fatto mancare anche una “telefonata” per dire: “Sono qua in ospedale andiamo a prendere un caffè“. Sì, insomma, una visita che non si aspettava nessuno, ma che, ovvio, ha fatto molto piacere a chi c’era, in questi che, certo, sono giorni difficili a causa della epidemia di coronavirus che, per fortuna per ora, sta risparmiando la nostra regione.
Certo è che se dovessimo fare un rapido calcolo delle strutture e posti letto disponibili ci si renderebbe subito conto che siamo, come del resto in tutta Italia, non attrezzati sufficientemente per poter accogliere quelli che potrebbero essere il malati di una eventuale, quanto non auspicabile, escalation delle polmoniti virali primarie dovute al nuovo coronavirus.
Si sa, oramai, che ad esser colpiti, nella fase più potente della sindrome, sono i polmoni e in particolare gli alveoli polmonari. La polmonite interstiziale che ne deriva può mettere ko chiunque dal punto di vista del respiro e quindi servono attrezzature adeguate, anche perché il rischio che una malattia del genere possa essere letale è sotto gli occhi di tutti. “E’ un aspetto che abbiamo posto all’attenzione oggi in task force, si sta procedendo a una ricognizione delle strutture, delle caratteristiche e delle possibili soluzioni qualora scoppiasse una pandemia”. E’ quanto ha detto Claudio Dario, direttore generale della sanità e del welfare della Regione Umbria.
Il problema quindi, la cui soluzione non è rinviabile, è quali decisioni assumerà il Governo per compensare lo stato di cronica carenza di terapie intensive e di rianimazioni che affligge da sempre gli ospedali italiani.
Il deputato di Forza Italia Roberto Novelli lo ha chiesto in una interrogazione al ministro della Salute, Roberto Speranza. “Il report del Global health security (GHS) 2019 – spiega – ci colloca diciottesimi in Europa e 31esimi nel mondo per capacità di affrontare un’ eventuale pandemia sul nostro territorio. Se poi si guarda più nello specifico alla capacità di risposta del sistema sanitario nazionale a un’ epidemia, in questo caso l’ Italia deve accontentarsi del cinquantaquattresimo posto. I dati forniti dalle autorità internazionali in materia di salute – conclude – non rassicurano, chiediamo sia il governo a farlo”.
“Negli ospedali italiani sono disponibili poco più di 5mila posti letto per la terapia intensiva e il 10 per cento dei pazienti colpiti da coronavirus richiede proprio questa assistenza, il rischio saturazione è altissimo: cosa intende fare il governo per implementare la sale di terapia intensiva disponibili?”.
Lo chiede in una interrogazione al Ministro della salute il deputato di Forza Italia Roberto Novelli. “Il report del Global health security (GHS) 2019 – spiega – ci colloca diciottesimi in Europa e 31esimi nel mondo per capacità di affrontare un’ eventuale pandemia sul nostro territorio. Se poi si guarda più nello specifico alla capacità di risposta del sistema sanitario nazionale a un’ epidemia, in questo caso l’ Italia deve accontentarsi del cinquantaquattresimo posto. I dati forniti dalle autorità internazionali in materia di salute – conclude – non rassicurano, chiediamo sia il governo a farlo”.
E come scrivevamo poco fa, l’Umbria non è meglio messa.
E tutta quella schifezza del ” Numero chiuso ” ???????????
Ora se ne pagano le conseguenze !!!!!!!
Speriamo ” che Dio me la cavi “