
Peste suina, regione mantiene alta l’attenzione, indicazioni per i cittadini
Dopo la recente segnalazione di un caso di peste suina africana (PSA) in un cinghiale rinvenuto nel comune di Borgo Velino, in provincia di Rieti, a pochi chilometri dal confine umbro, la Direzione regionale Salute e Welfare ha attivato prontamente le procedure previste dalle disposizioni ministeriali e regionali in merito alle attività connesse all’insorgenza di tale malattia: lo comunica l’assessore regionale alla Salute.
In virtù dell’innalzamento del livello di allerta, è stato dato mandato ai Servizi veterinari Usl di aumentare i controlli negli allevamenti di suini situati in prossimità dell’area infetta.
Programmate attività di ricerca
Sono inoltre state programmate attività di ricerca attiva delle carcasse nel territorio regionale con il coinvolgimento degli ATC umbri.
La Direzione Salute della Regione Umbria, pur trattandosi di una patologia non pericolosa per l’uomo, richiama l’attenzione dei cittadini ad adottare alcuni comportamenti che possono impedire la diffusione della malattia responsabile di enormi conseguenze economiche dovute ai costi di eradicazione, blocco delle esportazioni di prodotti nazionali e regionali come gli insaccati di carne suina.
La patologia si trasmette anche attraverso materiali
Tenuto conto che la patologia si trasmette anche attraverso materiali e alimenti contaminati che possono essere di facile accesso ad animali quali i cinghiali, sensibili alla patologia, si raccomanda di smaltire i rifiuti alimentari, di qualunque tipologia, in contenitori idonei e chiusi e non somministrarli per nessuna ragione ai suini domestici o ai cinghiali, di non lasciare rifiuti alimentari in aree accessibili ai cinghiali e informare tempestivamente i Servizi Veterinari del ritrovamento di una carcassa di cinghiale attraverso il numero unico regionale (075 81391).
Si ricorda inoltre che, qualora il territorio dovesse essere interessato dall’infezione, saranno vietate nelle aree colpite la raccolta dei funghi e dei tartufi, la pesca, il trekking, il mountain biking e le altre attività che, prevedendo l’interazione diretta o indiretta con i cinghiali infetti o potenzialmente infetti, comportano un rischio per la diffusione della malattia.
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