Chi ha in affido un cane randagio non può diventarne proprietario, studiate

Chi ha in affido un cane randagio non può diventarne proprietario

Rimango sempre più esterrefatto dagli atti che trovo protocollati da parte della maggioranza. Ho visto di tutto e ho sempre cercato di trovarci un senso: per alcuni nello scarso studio e conoscenza, per altri per quanto mi sia sforzato non l’ho trovato.

Ma all’atto protocollato dal gruppo consiliare di FdI proprio non ci sto, anche perché oltre ad essere contrastante con le norme, riguarda gli animali che come spesso si dice sono i migliori amici dell’uomo.

Ho deciso perciò di scrivere prima, in modo da far risparmiare al Comune sia tempo che soldi per le varie commissioni, invitando i consiglieri proponenti ad uno studio più attento della materia.

L’atto presentato dal Gruppo Fratelli di Italia vorrebbe applicare diverse modifiche, ma quella più sconcertante ed eclatante è che vorrebbero operare all’art. 32 bis del Regolamento Comunale “Tutela e la difesa degli animali per favorire il miglior rapporto uomo-animale-ambiente”, trasformando automaticamente l’affido di un cane randagio in adozione con l’attribuzione dello status di proprietario dell’animale al detentore.

Gli istituti dell’affido e dell‘adozione di un cane randagio sono regolamentati dall’art. 219 Bis delle legge regionale 11/2015 e successive modifiche ed integrazioni dove il legislatore li ha sempre individuati e regolamentati ben distintamente.

Infatti, viene stabilito che l’affido temporaneo di un cane rinvenuto randagio è l’alternativa al ricovero al canile sanitario ed è disposto dal Servizio Veterinario previa motivazione.

Foto di Adri Marie da Pixabay

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Emanuele Fiorini

Quindi, se un cittadino trova un cane randagio, dopo averlo segnalato alla Polizia Locale e trascorsi 60 giorni dal ritrovamento l’animale non viene reclamato, in seguito all’accertamento del servizio veterinario del buon trattamento del cane, l’affido temporaneo diventa definitivo, ma l’affidatario non diventa il proprietario.

I cani randagi non affidati temporaneamente devono essere ricoverati al canile sanitario dove entro 60 giorni devono ricevere le prestazioni sanitarie di primo livello, compresa la sterilizzazione, che sono erogate esclusivamente dal Servizio Veterinario, dopodiché vengono trasferiti al canile rifugio comunale o privato convenzionato con il Comune.

  • Dal canile rifugio i cani sono ceduti in adozione.

Ai sensi dell’art. 219 bis comma 1, il Sindaco è responsabile dei cani catturati sul territorio comunale, quindi qualsiasi persona che prende in affido o adozione il cane non ne diventa mai il proprietario, ma responsabile in quanto il Sindaco non può concedere uno status giuridico, quello di proprietario.

Questo concetto è consolidato dall’art. 214 della stessa legge che al comma 1, fissa la responsabilità di chi detiene un animale d’affezione a prescindere dal titolo per cui lo detiene.

Ad ulteriore supporto di quanto detto va sottolineato che il legislatore non ha mai citato nella norma il concetto di proprietà di un cane randagio, perché il cane di fatto è un bene pubblico sempre mantenuto e curato a spese dei cittadini nei canili.

Infatti il Servizio Veterinario, sia in caso di affido o adozione, provvede ad effettuare i necessari controlli sugli animali perché non è prevista l’autonoma cessione a terzi degli stessi, in quanto il capo specifico della norma è quello della tutela del benessere animale e quindi i controlli della USL sono indispensabili a verificare che i cani ceduti dal Sindaco, in affido o in adozione, siano tenuti in buone condizioni di salute e nelle disponibilità delle persone, che ne hanno richiesto l’affido o l’adozione.

Allora cosa si nasconde dietro alla pretesa di modifica del Regolamento che così concederebbe il diritto di proprietà e quindi la totale disponibilità del cane affidato o adottato, da parte del gruppo di Fratelli di Italia? La non conoscenza oppure le famose adozioni internazionali vietate dalla legge regionale Umbra?

Preme ricordare la Circolare n. 33 del 12 agosto 1993, pubblicata sulla Gazzetta della Repubblica Italiana a firma di Mariapia Garavaglia, allora ministro della Sanità, che viene citata di tanto in tanto, ma a quanto pare da sempre disattesa nei fatti.

La stessa riporta: “Continuano a pervenire segnalazioni di affidamenti di cani randagi da parte di canili comunali o intercomunali o privati convenzionati a persone che spesso si presentano sotto l’egida di associazioni protezionistiche e che invece fungerebbero da intermediari con organizzazioni straniere che nulla hanno a che vedere con la protezione animale. Si sarebbe infatti instaurato un vasto traffico di cani ma anche di gatti che, prelevati a cifre irrisorie in Italia, verrebbero dirottati e rivenduti a cifre piu’ elevate in Germania federale, Austria e Svizzera ed anche in altri Paesi per essere destinati alla sperimentazione, vigendo in tali Paesi norme meno restrittive che in Italia“.

Non si comprende come questo atto pubblico e le sue chiare prescrizioni siano stati e tuttora vengano sistematicamente ignorati dalle istituzioni preposte.

In merito alla Norma Regionale vigente in Umbria, preciso che è stata oggetto di validazione da parte di due sentenze del Consiglio di Stato che ne avvalorano i principi per cui la tracciabilità del cane è l’unico elemento che lo tutela insieme al suo benessere.

Invito i consiglieri comunali ad impiegare il tempo per capire se negli anni sono stati effettuati i controlli da parte della Polizia Municipale di Terni ai fini della prevenzione del randagismo così come disposto dall’art. 219 comma 13 della legge regionale 11/2015, poiché il fenomeno del randagismo non può essere contrastato mettendo in atto delle campagne “svuota canili” che incentivano l’affido o l’adozione a chiunque.

Inoltre il Sindaco ha dotato la Polizia Municipale di almeno un dispositivo di lettura di microchip? I cani che negli anni sono stati ceduti in affido immediato diretto dal servizio veterinario Usl di Terni sono ancora nelle disponibilità delle persone a cui sono stati affidati?

È questo che va verificato per il benessere dell’animale, buon lavoro e buon studio./Emanuele Fiorini

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