
Da Porta Sole a Monteluce, la clinica, i fondatori, la famiglia, la città Un volume che contiene e tramanda una storia fatta di persone, di impegno, di lavoro, di progettazione, di costruzione. In una parola, di memoria. Una storia lunga 80 anni. Il racconto di una famiglia, di una clinica e della sanità privata umbra che si intreccia con quella della sanità pubblica, della città e dei suoi due importanti quartieri. “Da Porta Sole a Monteluce: la clinica, i fondatori, la famiglia, la città” è il titolo della pubblicazione che è stata presentata giovedì 20 dicembre a Perugia nel corso di un incontro molto partecipato in una gremita sala Brugnoli di palazzo Cesaroni.
All’incontro di presentazione del libro pubblicato da Fabrizio Fabbri Editore per celebrare questo importante traguardo della Clinica Porta Sole, oltre alla famiglia Cucchia (Maria Rita Mantovani, Alberto e Marco) sono intervenuti Fabrizio Bracco, Paolo Belardi, Alessandro Campi e la curatrice Giovanna Giubbini, moderati da Maria Grazia Nico Ottaviani.
Gli 80 anni della Casa di cura prima, successivamente trasformata in Clinica ed ora in Istituto Clinico sono ripercorsi in questo volume di 190 pagine ricco anche di materiale fotografico e che si basa sull’analisi di archivi pubblici e privati (il ricavato della vendita andrà in favore delle associazioni Giacomo Sintini e Avanti Tutta) realizzato proprio in occasione della recente apertura della nuova struttura sanitaria nell’area della Nuova Monteluce: più grande, più funzionale e completamente rinnovata nelle strumentazioni e nei servizi. Una clinica che dalla sua storica sede di Porta Sole ora ha trovato una nuova sistemazione contribuendo così anche a restituire, nel solco della tradizione, vita ed attività al complesso della Nuova Monteluce, storicamente sede dell’ex-ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia, e così anche al quartiere.
La nuova “Porta Sole” passando da un luogo “di sole” ad un luogo “di luce” non ha fatto un passo piccolo ma un gesto temerario che però è riuscito nel suo intento. Così la solida realtà di ieri che tanti cittadini hanno sperimentato nei momenti di difficoltà, si pone come un approdo sanitario sempre più sicuro e confortevole per il presente e per il futuro. Porta Sole e Monteluce, due quartieri di una stessa città diversi tra loro per tessuto economico e sociale eppure strettamente legati, non solo dal significato del nome che richiama la fonte stessa della vita su questa terra – l’astro che illumina e riscalda – ma soprattutto per la concomitante presenza, per lunghissimi anni, di due importanti strutture come la Clinica e l’Ospedale unite da una medesima mission: la cura della salute. Oggi questi due poli sanitari che rappresentano una sorta di luogo dell’anima nell’immaginario collettivo dei perugini, si sono in un certo senso incontrati, per uno strano gioco del destino ma soprattutto per la volontà, il coraggio, il profondo senso di appartenenza alla stessa comunità della famiglia Cucchia. Un “incontro” testimoniato ora anche da questa pubblicazione.
Presenti all’incontro pubblico anche gli autori dei saggi con cui si compone il volume: alle spiegazioni delle “Le ragioni di un libro” di Maria Rita Mantovani Cucchia e ai Ringraziamenti, alla Nota della curatrice Giubbini e all’Introduzione di Maria Grazia Nico Ottaviani, segue la prima parte più storica con i seguenti testi: “Malattia e guarigione: storia della sanità tra pubblico e privato” di Rinaldo Tieri. Alberto Cucchia poi scrive del nonno e fondatore: “Il professor Alberto Cucchia e la fondazione della Casa di Cura Porta Sole: storia di un uomo d’altri tempi”. A seguire “La Casa di Cura ieri (1975-2005)” di Maria Rita Mantovani Cucchia, “La storia del logo: l’inizio della svolta” di Alberto Cucchia e “La Casa di Cura Porta Sole, una solida realtà di ieri per l’oggi e il domani” di Virgilio Ambroglini.
La seconda parte, a carattere più urbanistico-architettonico, inizia con “Il Palazzo di Porta Sole: da dimora familiare a Casa di Cura. Vicende storiche dal XVIII al XX secolo” di Emanuela Rosamatilde Boila; e poi “Monteluce, Perugia. Una città nella città” di Paolo Belardi; “Carlo Cucchia e la sede della Casa di Cura Porta Sole: tra storia e contemporaneità” di Valeria Menchetelli; “La Cappella Salus Infirmorum e le decorazioni di Gerardo Dottori: l’intervento risolutore di Maria José di Savoia” di Massimo Duranti.
In apertura di libro anche i saluti istituzionali della presidente della Regione Umbria Catiuscia Marini che nel suo intervento afferma: “Dagli anni Quaranta del secolo scorso la storia delle strutture e dei servizi sanitari a Perugia si intreccia necessariamente con la storia della Casa di Cura Porta Sole che, ubicata nel cuore della città, ha costituito un punto di riferimento per la domanda di salute non solo degli abitanti del capoluogo umbro, ma di molti umbri e pazienti provenienti da fuori regione. Una struttura che opera in piena integrazione con il servizio sanitario regionale e quindi quella della Casa di Cura Porta Sole è anche una storia che racconta del positivo rapporto sviluppatosi in Umbria tra sanità pubblica e privata”.
“Un libro – ha affermato Fabrizio Bracco – che racconta le avventure imprenditoriali e mediche della famiglia Cucchia ma che si intreccia con la storia della sanità pubblica e privata del paese, della regione e persino della nostra università. Questa storia è una vicenda emblematica di Perugia perché ricca di creatività, capacità di innovazione e voglia di fare. Tutto emerge bene dai vari saggi presenti come quello più ‘visionario’ di Virgilio Ambroglini che mette bene al centro questa voglia di cercare di capire il passato e guardare al futuro con ottimismo”.
Per Alessandro Campi il volume “racconta in maniera eccellente non solo la storia di una clinica, di una famiglia e di una dinastia, ma quella di un pezzo di città che ritrova se stessa e torna ad essere materia condivisa”. Per Campi questa occasione, infatti, potrebbe essere lo spunto per fare un lavoro di ricostruzione della storia di Perugia, “visto che in passato è stata raccontata in modo riduttivo anche rispetto ai personaggi che l’hanno segnata”.
Ricco di suggestioni pure l’intervento di Paolo Belardi, il quale ha sottolineato che il libro “è una testimonianza di quello che è stato e di quello che è, anche perché è un bene che la città cambi ma se si rinuncia ad un pezzo di passato deve restarne traccia”. Una pubblicazione che può essere presa ad esempio per Belardi anche come “metodo di lavoro” per il futuro, “per dare valore aggiunto alla città grazie al pensiero e alla cultura”.
Questo volume nasce dall’idea di Maria Rita Mantovani Cucchia di ricostruire la storia della Casa di Cura, creata nel 1938 a Porta Sole dall’iniziativa di un medico benemerito, il professor Alberto Cucchia, e fondata in collaborazione con il professor Angelo Barola. Un volume che racconta tappe importanti nella storia della famiglia Cucchia e della Clinica ma che poi si sviluppa anche in altro, grazie all’Archivio dell’ingegner Carlo Cucchia. Carlo, «il progettista che ha operato tra le due guerre», come lo definisce lo stesso Belardi, fratello del fondatore della Clinica Alberto Cucchia, fu infatti incaricato, subito dopo la guerra, di redigere il progetto di ristrutturazione del Palazzo di Porta Sole, acquistato da Alberto Cucchia e Angelo Barola, trasformandolo da palazzo residenziale in struttura sanitaria.
Ma l’Archivio Carlo Cucchia depositato presso l’Archivio di Stato di Perugia, di cui all’epoca Giovanna Giubbini era direttore, conteneva anche i progetti della Cappella per i malati intitolata Salus Infirmorum all’interno dell’Ospedale di Santa Maria della Misericordia e di alcuni padiglioni di ampliamento dello stesso. Anche questo a sottolineare quindi un legame, un vincolo, un fil rouge che univa le due realtà, quella di Porta Sole e questa nuova di Monteluce: entrambe quindi trasmettono un pezzetto di storia della famiglia Cucchia.
Oltre a ciò, il progetto redatto dallo studio tedesco Bolles+Wilson della “Nuova Monteluce” prevedeva di racchiudere tra i due bracci della Nuova Porta Sole proprio quella cappella affrescata da Gerardo Dottori e, all’epoca, arricchita anche da arredi disegnati dallo stesso Carlo Cucchia, purtroppo ora quasi completamente distrutti da un insensato atto vandalico.
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