Cucinelli, i No Vax fuori dall’azienda, li pago lo stesso per sei mesi

La lettera ai saggi dell'Umanità di Brunello Cucinelli. La lettera ai saggi dell'Umanità di Brunello Cucinelli

Cucinelli, i No Vax fuori dall’azienda, li pago lo stesso per sei mesi

di Giuseppe Bottero (La Stampa)
«Dall’aprile dello scorso anno abbiamo tre medici fissi, che fanno regolarmente i tamponi. Basta avere una piccola tosse e si resta a casa: loro arrivano. Questo ci ha consentito di affrontare la pandemia in modo meno doloroso, abbiamo avuto ventisei contagi su mille e duecento persone».

Brunello Cucinelli è stato uno dei primi imprenditori a capire che, per combattere il virus, era necessario che le imprese scendessero in campo. «Questa è una guerra umana e non sarà finita finché non lo diranno gli scienziati», spiega il signore del cashmere, che ha fondato un colosso della moda da mezzo miliardo di fatturato e, adesso, è pronto a lasciare a casa per sei mesi, garantendo lo stipendio in una sorta di aspettativa, chi tra i lavoratori ha scelto di non vaccinarsi.

«Immunizzarsi – spiega – è un obbligo morale». Presidente, è d’accordo con la Confindustria? Niente lavoro per chi è senza vaccino? «Quando Mario Draghi ha detto che bisognava darsi da fare abbiamo preso la palla al balzo e, tre mesi fa, abbiamo inaugurato un hub nel Parco della Bellezza di Solomeo, a disposizione della collettività, che ci ha permesso fino a 700 iniezioni al giorno. Quando a fine maggio è venuto qui il generale Figliuolo, gli dissi: “Il problema a questo punto non sono i vaccini, ma chi li rifiuta”».

È andata così. Ci sono casi an che tra i suoi dipendenti? «Un mesetto fa, autorizzati dalla Asl, abbiamo vaccinato tutti in tre giorni. Adesso c’è un problema vero, l’1% non immunizzato. Sono gli stessi dipendenti a dirci che non vogliono lavorare a contatto con chi rifiuta il vaccino, non si sentono sicuri».

Non c’è un problema di privacy? «Si lavora assieme e, nell’ultimo anno e mezzo, abbiamo saputo chi non vedeva l’ora di vaccinarsi».

Contro i No Vax, dunque, serve il green pass obbligatorio… «Finché posso cercherò di convincerli sotto il profilo umano poi, se chi fa le norme non prende provvedimenti, mi muoverò io. Ho il dovere morale di essere il custode di questa impresa e del 99% delle persone che lavorano. Noi facciamo assemblee trimestrali, la scorsa settimana c’è stata la prima: tutti fuori, senza mascherina. Capisce che chi non si vaccina rappresenta un problema. Ho deciso che, finché non cadrà l’obbligo di mascherina all’interno degli ambienti di lavoro, potremo venire anche senza pass. Da quando potremo toglierla, però, la carta verde sarà obbligatoria. Sono sicurissimo: i nostri governanti ci daranno un’indicazione chiara».

Però non è ancora successo… «Stiamo aspettando con impazienza. Io non voglio certo licenziare nessuno e sono pronto a garantire un’aspettativa remunerata per sei mesi a chi non si vaccina. Sono morte migliaia di persone, abbiamo passato notti dolorose, non possiamo più riviverle. Abbiamo fatto la nostra parte, adesso tocca a loro».

Il Pil italiano ha fatto un grosso rimbalzo. Che cosa si aspetta nei prossimi mesi? «Con chiunque si parli, il tema sono i progetti. L’atmosfera è particolarmente bella, interessante e sono particolarmente ottimista e le prime semestrali lo dimostrano».

Riusciremo a sfruttare l’occasione del Recovery? «Noi siamo quotati, abbiamo relazioni quasi quotidiane con analisti e investitori. La prima domanda è sempre quella: il suo Paese in questo momento è credibile o no? Noi adesso siamo un Paese molto credibile e questo fa la differenza. Siamo pronti e organizzati, quelli del Recovery sono soldi importantissimi ma mi raccomando, quello che conta sono le imprese, il Pil e il lavoro, i fondi Ue non possono essere la base di tutte le nostre previsioni. L’Italia è un Paese di grandi manifatturieri competitivi, è questo che mi affascina. Anche la vittoria di Mancini con la sua squadra rappresenta un momento di garbo, di gentilezza ed educazione della nostra magnifica nazione. L’ho definito il Draghi del nostro calcio».

C’è un tema legato alle multinazionali che, subito dopo il via libera ai licenziamenti e, nonostante il patto tra governo e Confindustria, hanno cominciato a licenziare. Bisognava proseguire con il blocco? «Non credo che noi avremo una grande quantità di licenziamenti, io sono ottimista perché la richiesta di manodopera, manufatti e materie prima è molto alta».

L’altro tema riguarda i giovani. Si parla molto di posti vacanti e di lavori rifiutati: ma non vengono pagati troppo poco? «Credo che i nostri giovani abbiano bisogno che trasmettiamo loro speranza al posto della paura. Sotto il profilo del lavoro, credo che dobbiamo tornare a dare dignità morale ed economica a certe occupazioni, facendo sì che i ragazzi torni- no ad accettarne il valore. Noi genitori abbiamo insegnato ai nostri figli che, se non studiavano, sarebbero andati al lavoro. Siamo stati i primi, con queste frasi, a togliergli la dignità».

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