Gimbe, migliora in Umbria indice positivi per 100 mila abitanti

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Gimbe, migliora indice positivi per 100 mila abitanti

Un miglioramento dell’indicatore dei casi Covid attualmente positivi per 100.000 abitanti in Umbria, 580, nella settimana 24-30 marzo emerge dal monitoraggio settimanale della fondazione Gimbe. Lo stesso rileva però anche un leggero aumento, dello 0,8%, dei nuovi casi rispetto alla settimana precedente. Sopra quella che è considerata la “soglia di saturazione” – emerge dai dati di Gimbe – i posti letto occupati da pazienti Covid in area medica, 41%, e terapia intensiva, 43%. Riguardo ai vaccini, secondo la fondazione la percentuale di popolazione che ha completato il ciclo vaccinale è pari al 4,5% (la media Italia è 5,3%). La percentuale di ultraottantenni è al 22,3% (28,8% a livello nazionale).


Si osserva in Italia “una lieve riduzione dei nuovi casi a fronte di un incremento dei decessi. Stabili i casi attualmente positivi e le persone in isolamento domiciliare, in aumento i ricoveri con sintomi e le terapie intensive”. Lo sottolinea il monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe sulla settimana 24-30 marzo.

“Per la seconda settimana consecutiva – afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – a livello nazionale si rileva una lenta discesa del numero di nuovi casi e del loro incremento percentuale, anche se il dato risente di notevoli differenze regionali correlate al livello di restrizioni di 3 settimane fa”. In 9 Regioni, infatti, “l’incremento percentuale dei nuovi casi è ancora in crescita, soprattutto in 4 Regioni che 3 settimane fa si trovavano in area bianca o gialla (Calabria, Liguria, Sardegna e Valle d’Aosta) – evidenzia il report – Al contrario si rilevano riduzioni rilevanti in Regioni che 3 settimane fa erano in zona arancione o rossa. Inoltre, in 10 Regioni aumentano i casi attualmente positivi, dato che si riflette anche a livello nazionale”.

“Sul versante ospedaliero entrambe le soglie di allerta di occupazione dei posti letto da parte di pazienti Covid in area medica (sopra il 40%) e in terapia intensiva (sopra il 30%) sono superate a livello nazionale, attestandosi rispettivamente al 44% e al 41%: 10 le Regioni sopra soglia per l’area medica e 13 quelle per le terapie intensive”. Lo rimarca Renata Gili, responsabile Ricerca sui servizi sanitari della Fondazione Gimbe, commentando il monitoraggio indipendente Gimbe nella settimana 24-30 marzo.

In particolare, l’occupazione di pazienti Covid in terapia intensiva supera il 40% in Puglia, Friuli-Venezia Giulia, Umbria, Toscana, Molise, Lazio e il 50% in Piemonte, Provincia Autonoma di Trento, Emilia-Romagna, con valori superiori al 60% in Lombardia e nelle Marche. “Sul fronte dei nuovi ingressi giornalieri in terapia intensiva – puntualizza Marco Mosti, direttore operativo della Fondazione Gimbe – dopo la frenata registrata la scorsa settimana, il dato si è stabilizzato”.

In Italia “è ancora indietro la protezione di anziani e fragili: degli over 80 il 28,3% ha completato il ciclo vaccinale e il 27,4% ha ricevuto solo la prima dose. Ancora ai nastri di partenza la fascia 70-79 anni e nessun dato disponibile sui fragili. Eppure solo una rapida e massiccia immunizzazione di anziani e persone vulnerabili permetterà di riaprire in sicurezza il Paese”. A lanciare l’allarme è il report della Fondazione Gimbe sul monitoraggio della settimana 24-30 marzo.

“Se i vaccini rappresentano la via maestra per uscire gradualmente dalla pandemia – ricorda Nino Cartabellotta, presidente Fondazione Gimbe – è bene ribadire l’inderogabile necessità di proteggere in maniera prioritaria le persone fragili, più a rischio di sviluppare forme severe di Covid-19 che richiedono assistenza ospedaliera. Con l’attuale livello di sovraccarico degli ospedali, che non si ridurrà in tempi brevi, non possiamo più permetterci un nuovo rialzo di ricoveri e terapie intensive una volta avviate le graduali riaperture del Paese. Altrimenti – conclude – continueremo a rimanere ostaggio delle misure restrittive, il cui obiettivo primario è proprio quello di limitare il sovraccarico ospedaliero”. (Frm/Adnkronos Salute)

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