Approvata la mozione a Perugia sui “centri antiviolenza a rischio chiusura”

Approvata la mozione a Perugia sui “centri antiviolenza a rischio chiusura”

Approvata la mozione a Perugia sui “centri antiviolenza a rischio chiusura”

Approvata la mozione – La IV commissione consiliare permanente Cultura, nella seduta del 26 settembre presieduta da Elena Ranfa, ha approvato con 5 voti a favore e 5 astensioni la mozione urgente presentata dai gruppi Movimento 5 Stelle, Idee Persone Perugia, Partito Democratico, Italia Viva avente a oggetto “Centri antiviolenza a rischio di chiusura – sblocco dei fondi”.

L’atto, illustrato dalla consigliera Francesca Tizi (M5s), presenta anzitutto un bilancio sull’attività svolta dal Centro Antiviolenza Catia Doriana Bellini di Perugia, al quale si sono rivolte 2.137 donne dall’apertura avvenuta nel marzo 2014. Nel 2021 in particolare il Cav ha ospitato 180 donne e 195 minori, provenienti sia dal territorio umbro sia da fuori regione. Il Centro è dotato di un servizio di Pronta Emergenza che, dalla sua istituzione (2018) all’agosto di quest’anno, quandola operatività è stata sospesa, ha ospitato 88 donne e 91 minori residenti nel comune di Perugia. Dal 2022 sono inoltre attivi 122 nuovi percorsi e sono state ospitate in emergenza 14 donne e 20 minori.

La mozione rimarca che “ciclicamente ogni anno in questo periodo emerge il problema della mancata erogazione dei fondi da parte del Comune di Perugia e che la continuità di questo servizio essenziale è garantito solamente grazie all’attività volontaria delle operatrici che stanno continuando a lavorare a pieno ritmo pur senza stipendio da ormai più di otto mesi”.

Posto che “l’intera provincia di Perugia in questo momento può contare solo su un Centro Antiviolenza Residenziale e Casa Rifugio, non sono in grado, con le risorse al momento erogate, di ospitare nuovi nuclei, rispondere alle richieste di nuovi percorsi in accoglienza e garantire la continuità di quelli già attivati”, e visto che il pieno funzionamento dei Cav e la tutela di donne e minori in pericolo sono compiti di cui le istituzioni devono farsi carico, la mozione mira a impegnare l’esecutivo a trovare una soluzione immediata per far arrivare i fondi necessari a evitare la chiusura del Cav Doriana Bellini.

Diversi i soggetti sentiti dai consiglieri prima del dibattito: l’assessore alle politiche sociali, Edi Cicchi;la dirigente della Uo Servizi sociali del Comune di Perugia, Elisa Granocchia;l’assessore alla partecipazione del cittadino, Gabriele Giottoli;la presidente di Libera…Mente Donna, avvocato Maurita Lombardi; l’educatrice Giulia Romano; la psicologa Federica Invernizzi; la rappresentante dell’associazione DIRE Rosanna Ovidi;la vicepresidente Unione Donne in Italia di Perugia,Sara Pasquino; la rappresentante della Rete Umbra per l’autodeterminazione Amelia Rossi.

L’assessore Cicchi ha affermato che è senz’altro necessario mantenere in vita il servizio in parola. Dal 2014, del resto, c’è stata una ferma volontà del Comune affinché un progetto nato con un termine potesse continuare a esistere. Fin da allora è stato messo a disposizione un immobile; nel frattempo, il servizio è stato rinnovato nel tempo attraverso accordi. Il Comune in seguito, nelle more dell’approvazione del regolamento regionale in materia, ha messo a disposizione anche altri appartamenti per case rifugio e strutture di semi-autonomia. L’assessore riferisce di essere sempre stata promotrice presso la Regione Umbria della emanazione  di una normativa regionale e della costituzione della rete di contrasto alla violenza di genere accanto ad altre istituzioni, affinché il progetto (che nel 2016 era arrivato al suo termine) si trasformasse in servizio vero e proprio attraverso un regolamento, la definizione di standard strutturali e di funzionamento e una carta del servizio: modalità analoghe a quelle vigenti per tutti i servizi a sostegno di persone con fragilità.

Cicchi ha quindi ricordato alcune tappe fondamentali: nel 2016 è stata adottata la legge regionale, nel 2018 il protocollo unico per il sistema regionale anti-violenza e nel 2021 è entrato in vigore il regolamento della Regione Umbria per definire standard strutturali e di personale. Tale regolamento non ha fissato una tariffa per il servizio e una retta per l’ospitalità sia residenziale sia semi-residenziale: un limite che il Comune ha segnalato alla Regione. Secondo Cicchi, va certamente sanata la questione economica di chi ha lavorato finora senza retribuzione. Quanto al rischio di chiusura del Cav, di fatto sarebbe inesistente. Il Comune – ha anche detto l’assessore – ha servizi talmente strutturati da far sì che nessuna donna sia mai stata abbandonata a sé stessa. Attraverso gli uffici di cittadinanza, il pronto intervento sociale e la rete finora costituita con numerosi soggetti, nel momento in cui una donna denuncia una situazione si è in grado di attivare un servizio. L’assessore ha poi ricordato di aver sollecitato più volte l’associazione Libera…Mente Donna a intraprendere un percorso, alla luce dell’intervenuta normativa regionale in tema di autorizzazioni, che avrebbe permesso di sbloccare almeno i fondi comunali in attesa dello stanziamento di quelli regionali, che vengono erogati dopo che il Cavha rendicontato le spese sostenute, e, dunque, molto in ritardo rispetto all’anno solare. Per l’anno 2023 si prevede di affidare il servizio attraverso una gara di appalto che uscirà abreve. Si pensa dunque a un affidamento, così come avviene per tutti i servizi sociali esternalizzati.

La dirigente Elisa Granocchia ha precisato una serie di aspetti tecnici. In premessa ha ripercorso il processo di formazione del sistema di contrasto alla violenza di genere nella Regione Umbria, regolamentato dalla legge n. 14/2016, frutto di un percorso costruito tra Regione, Comuni, rappresentati dalle Zone Sociali, le Asl e il mondo dell’associazionismo di settore. La legge prevede che la Regione promuova un Sistema regionale di prevenzione e di contrasto alla violenza contro le donne attraverso la costituzione dei CPO, dei Centri Antiviolenza (Cav), delle Case rifugio, dai punti di ascolto e da punti di accoglienza (servizi territoriali, Asl, ospedale, ecc).

Nel tempo è stata costituita la rete dei servizi di contrasto alla violenza di genere di cui hanno fatto parte le diverse istituzioni (Comuni, Questura, Azienda Ospedaliera, ecc.) sottoscrivendo appositi protocolli. La gestione dell’intero sistema dei servizi è stata da sempre svolta dalle associazioni di settore che negli anni hanno qualificato il proprio personale e a cui sono stati trasferiti i fondi statali (Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità), regionali e comunali, attraverso i Comuni; la Regione cofinanzia il sistema attraverso un sostegno annuo ormai consolidato di 200mila euro; anche i Comuni cofinanziano(almeno il 20% delle risorse assegnate).

Le Zone Sociali autorizzano i Cav e le Case Rifugio secondo il regolamento regionale.La giunta regionale approva annualmente il Programma regionale di prevenzione nel quale definisce anche il riparto delle risorse.

La Regione ha da ultimo adottato il regolamento n. 5/2021, in vigore dall’agosto 2021, recante disposizioni in materia di Centri Antiviolenza e Case Rifugio, stabilendo requisiti, criteri e modalità per il rilascio dell’autorizzazione al funzionamento.

Il regolamento ha previsto che i Cav e le Case Rifugio in esercizio alla data di entrata in vigore del regolamento stesso adeguassero l’attività alle disposizioni regionali presentando entro 90 giorni alla Zona Sociale di riferimento, tramite il Comune capofila, la domanda di autorizzazione.Entro 90 giorni dalla presentazione della domanda, la Zona avrebbe dovuto rilasciare l’autorizzazione.

Nella norma transitoria di cui all’art.24 del regolamento n. 5/2021 viene specificato che i Cav e le Case Rifugio continuano a funzionare fino al rilascio dell’autorizzazione, ma la disposizione non si applica se non hanno provveduto all’adeguamento e alla presentazione della domanda entro il termine stabilito dal comma 1 (entro 90 giorni dall’entrata in vigore del regolamento).

Relativamente alla situazione del Comune di Perugia, fino al 31 ottobre 2021 è rimasto in essere un accordo con l’Associazione Libera…Mente Donna per la gestione dei servizi previsti dalla legge. Fino all’ottobre 2021, pertanto, è stato riconosciuto il contributo per la gestione, comprensivo anche delle spese aggiuntive legate all’emergenza Covid-19.

L’entrata in vigore del regolamento ha di fatto modificato le modalità di funzionamento del sistema richiedendo ai soggetti gestori una diversa modalità di rapporto con l’Ente, non più basata sul solo trasferimento di risorse a seguito della sottoscrizionedi un accordo, ma sull’adeguamento alregolamento non solo in termini di requisiti ma anche di tempi. L’associazione Libera…Mente donna alla data prevista dal Regolamento non ha presentato la necessaria domanda di autorizzazione non godendo pertanto dell’applicazione dell’art. 24 che prevedeva una deroga per consentire il funzionamento fino al rilascio dell’autorizzazione.La richiesta di autorizzazione è stata presentata a fine marzo-inizio aprile 2022; a tutt’oggi l’autorizzazione non risulta rilasciata a seguito delle diverse sospensioni dei tempi del procedimento intervenute per l’esigenza di integrazioni documentali.  Si dà atto che l’associazione, nel periodo, nelle more del rilascio dell’autorizzazione, ha continuato a svolgere un servizio di supporto e di sostegno nei confronti delle donne che ad essa si sono rivolte e l’impegno dell’amministrazione è quello di valutare la possibilità di un riconoscimento economico per tale periodo.

Quanto alla gestione delle prossime annualità, anche al fine di evitare che periodicamente si ripresentino le medesime criticità, sono stati forniti altri elementi di chiarimento. Il servizio di contrasto alla violenza di genere gode di una programmazione regionale annuale e, come detto, è finanziato da un fondo ministeriale, da un fondo regionale e dalla compartecipazione dei Comuni. La ripartizione delle risorse alle Zone Sociali avviene con delibera di giunta regionale trasmessa ai Comuni annualmente tra la fine del mese di marzo e la prima quindicina di aprile. Al riparto segue la sottoscrizione dell’accordo tra la Regione e il Comune; l’effettivo trasferimento dell’anticipo dell’80% delle risorse avviene solo dopo la rendicontazione fornita alla Regione relativamente alla spesa sostenuta.

Queste tempistiche– ha precisato la dirigente – non permettono di procedere a un affidamento annuale del servizio. Tale possibilità è prevedibile,pertanto, attraverso uno stanziamento nel bilancio previsionale e pluriennale per garantire un affidamento di almeno due anni e con la possibilità di inserire le risorse regionali e statali una volta avvenuta la programmazione regionale annuale.Tale modalità garantirebbe al soggetto gestore risorse certe e riconosciute con cadenza periodica.

Per tranquillizzare rispetto alla situazione attuale, è stato ricordato che il servizio sociale di territorio, così come quello dell’area centrale, svolge quotidianamente servizio di accoglienza, ascolto e presa in carico di situazioni che presentano una complessità sociale fornendo diversi tipi di servizio, non ultimo proprio quello dell’accoglienza di donne che necessitano, tanto se presenti anche minori, di un progetto di intervento.

Anche la presidente di Libera…Mente Donna, Maurita Lombardi, si è soffermata sul percorso che ha portato alla costruzione di una rete che si pone come obiettivo quello di dare risposte concrete e specialistiche, attraverso operatori qualificati, riconoscendo che il Comune di Perugia in tale ambito può vantare un impegno significativo. Ha altresì ricordato che la prevenzione è fondamentale per scongiurare le conseguenze più gravi della violenza di genere; proprio per questo sono basilari servizi specialistici. I progetti sostenuti – ha continuato – sono arrivati a scadenza nell’ottobre 2021. E’ poi intervenuto il regolamento regionale che ha introdotto criteri stringentiriguardo, ad esempio,i requisiti degli immobili e il numero di soggetti che possono essere ospitati. Da allora l’associazione ha chiesto delucidazioni al Comune per riuscire a dare continuità al servizio, ha continuato a lavorare e, di fatto, a contrarre debiti. La domanda per ottenere l’autorizzazione è stata trasmessa a marzo; ad ogni modo – ha rilevato Lombardi – il termine di presentazione di cui all’art. 24 del regolamento è stato poi posticipato dalla stessa Regione. Nel frattempo, per ottemperare alla normativa regionale, è stato chiesto il cambio di destinazione d’uso di alcuni vani; la procedura è ancora in corso. Lombardi ha riconosciuto che, da un lato, è stato sempre posto in essere negli anni un percorso virtuoso, ma, dall’altro, sono emerse problematiche di ordine tecnico-burocratico che hanno portato in stallo quasi totale l’attività. La paventata chiusura del Centro, peraltro,significherebbe un blocco del sistema, della rete. Si ritiene “assurdo” che la problematica di ordine burocratico diventi ostativa all’effettivo funzionamento del servizio. Di qui le richieste al Comune: il riconoscimento del saldo residuo del 2021; il riconoscimento e la copertura economica per quanto fatto nel 2022, visto che sono state sostenute spese e che ci sono operatrici che hanno continuato a lavorare senza remunerazione; l’impegno da parte di tutti i soggetti istituzionali coinvolti per arginare in futuro le criticità riscontrate nel regolamento regionale e rendere più fluido e sostenibile il sistema integrato anti-violenza.

Federica Invernizzi, psicologa, ha poi parlato della funzione di accoglienza che caratterizza i Cav, un intervento di tipo relazionale e psico-socialebasato su una metodologia validata a livello internazionale esull’empowerment.

Giulia Romanoha portato la sua testimonianza come operatrice che da nove mesi non percepisce stipendio. Ha sostenuto che lei e altre colleghe hanno scelto di continuare “per responsabilità verso la cittadinanza” e che la formazione specifica di cui ormai sono dotate le rende un punto di riferimento anche per le forze dell’ordine e per i servizi sociali con cui sussiste un continuo confronto.

Sara Pasquino, vicepresidente UDI, associazione che da sempre collabora con i Cav, ha precisato che, se vi è sempre stato un interesse istituzionale per il sistema anti-violenza, i Cav non sono nati dalle istituzioni, ma dall’associazionismo delle donne, dai gruppi di mutuo aiuto e dalla consapevolezza nata prima all’interno delle associazioni. I servizi anti-violenza, inoltre, a suo avviso non sono equiparabili ad altri servizi, quali il pronto intervento sociale, privi di una specificità rispetto all’accoglienza e al sostegno alle donne nei percorsi di uscita dalla violenza. Ha poi notato che, a fronte di un regolamento stringente che prevede requisiti strutturali e di altra natura, istituzioni e associazioni devono lavorare insieme per risolvere le problematichee continuare a dare risposte a donne e minori. Secondo Pasquino, le istituzioni devono valorizzare ciò che esiste e andare incontro a chi ha portato avanti per anni servizi così importanti. Per il futuro ha auspicato una regolamentazione che rispettila specificità dei Cav, ossia l’associazionismo femminile a sostegno delle donne che escono da situazioni di violenza.

Amelia Rossi (Rete umbra per l’autoderminazione) ha manifestato una fortissima preoccupazione che riguarda la situazione del Cav e non solo. Il ruolo dei Cav di Perugia e Terni è stato fondamentale anche sul fronte della formazione. Di qui il suo appello: bandi e regolamenti dovrebbero privilegiare la professionalità delle operatrici.

Rosanna Ovidi, rappresentante dell’associazione nazionale Dire (Donne in rete contro la violenza), ha ricordato che si tratta di una rete nazionale anti-violenza gestita da donne e che oggi riunisce 82 organizzazioni, 106 cav e 62 case rifugio. Ovidi ha sostenuto che tecnicismi e intoppi burocratici rappresentano ostacoli che limitano l’agire del movimento nazionale tutto. A suo dire, l’applicazione del regolamento n. 5/2021 pone in stress gli uffici responsabili dei procedimenti e in difficoltà i centri che, in attesa della burocrazia,rischiano di chiudere i battenti. Le difficoltà prospettate alle amministrazioni centrali e periferiche vanno quindi risolte.

Il consigliere Massimo Pici (Perugia Civica) ha evidenziato come sia emersa la chiara volontà del Comune di collaborare, pur con l’ovvia necessità di tenere conto degli elementi vincolanti sul piano autorizzatorio. Gino Puletti (Progetto Perugia), rilevando un approccio negativo verso l’amministrazione da parte di esponenti di Libera…Mente Donna, ha sostenuto che le associazioni debbano prepararsi e strutturarsi per vivere una fase di trasformazione.

La consigliera Sarah Bistocchi (Pd)ha sostenuto chel’amministrazione avrebbe comunque dovuto avere un diverso approccio, cioè porgere anzitutto le sue scuse per i problemi tecniciaffrontati dall’associazione e poi spiegare quanto si sta facendo per risolverli.

L’assessore Giottoli, ringraziando chi da anni si occupa della tematicae riconoscendo che sarà un bene passare a una fase strutturale dopo quella di sperimentazione, ha poi condiviso la posizione espressa dal consigliereAlessio Fioroni (FI) a favore della costituzione diun tavolo di lavoro.

La consigliera Tizi ha concluso invitando a sostituire alle parole le azioni; se ci sarà una gara che inciderà sulla situazione nel 2023, il 2022 va sanato e vanno dato garanzie alle donne che hanno lavorato senza retribuzione. A suo avviso la questione affrontata non è solo tecnica, ma politica, di priorità. Per questo haconcluso auspicandoil voto favorevole sull’atto.

 

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