

(umbriajournal.com) TERNI – Ringrazio il Comandante della Polizia Municipale per avermi invitato a presiedere questa liturgia in onore del Patrono San Sebastiano. Come è noto, la festa di questo Santo martire si celebra il 20 gennaio, ma – per varie circostanze – quest’anno a Terni, viene celebrata oggi. Pertanto, siamo qui riuniti dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, per ringraziare il Signore e invocare sulla Polizia Municipale una particolare protezione del Signore.
Le poche notizie storiche su San Sebastiano si basano su una diretta testimonianza di Sant’Ambrogio. Sebastiano – nato e cresciuto a Milano – fu educato cristianamente e intraprese la carriera militare: era capo della prima coorte della guardia imperiale a Roma. Durante la persecuzione di Diocleziano, Sebastiano – avvalendosi della sua autorità – aiuta molti cristiani perseguitati: visita i prigionieri e li esorta ad avere fede.
Scoperto, è condannato a morte: trafitto dalle frecce, sopravvive, ma poi viene ucciso a bastonate. Fu sepolto sulla via Appia, nelle catacombe che ora portano il suo nome. La vicenda di questo Martire – come quella dei Martiri giapponesi, uccisi a Nagasachi nel XVI secolo e oggi ricordati nella liturgia della Chiesa – pone in primo piano una questione molto profonda, ma oggi nascosta dalla cultura globalizzata: la nostra vocazione alla santità. Santo significa «separato» da tutto ciò che è male, davanti a Dio e agli uomini.
La Polizia Municipale – anche se in un’ottica diversa – è chiamata a vigilare sull’osservanza delle regole, poste alla base di una serena e armonica convivenza urbana e civile. Il codice della strada e le altre disposizioni sulle quali il Corpo dei Vigili Urbani è chiamato a “vigilare”, non sono leggi puramente penali – come si suol dire – ma toccano sempre anche l’aspetto morale: la trasgressione esteriore, anche in materia lieve, rivela sempre una predisposizione al disordine interiore, cioè al male. Infatti – ha detto Papa Francesco – la vita è complessa, è fatta di grazia e di peccato.
Dove c’è Dio, spunta la grazia, dove opera l’uomo – da solo – emerge il peccato. Tutti sbagliamo e il modo migliore per rimediare all’errore è quello di riconoscerlo guardando in faccia la realtà. I grandi cambiamenti della storia – è sempre il pensiero del Papa – si sono realizzati quando la realtà è stata vista non dal centro, ma dalla periferia. È una questione ermeneutica, cioè di interpretazione dei fatti: si comprende la realtà solamente se la si guarda a tutto campo, dal punto di vista estremo, che è la periferia, che aiuta a rifuggire dagli approcci ideologici. San Sebastiano ha offerto la sua vita davvero, non ha giocato a fare il martire, come oggi tanti fanno, mettendo in campo tematiche ideologiche.
L’ultima interferenza ideologica è quella del Comitato ONU per la convenzione sui diritti dell’infanzia. È un caso tipico di osservazione dal «centro» e non dalla «periferia», dove si vede chiaro che, oggi, la Chiesa è in prima fila per combattere la violenza sui minori. E sempre dalla periferia, gli pseudo “difensori” dei bambini, si accorgerebbero che la Chiesa – con in testa Papa Francesco – è sempre in prima linea per combattere la “globalizzazione dell’indifferenza” e la “cultura dello scarto”. È noto da molto tempo che il problema dell’emigrazione selvaggia è un problema che riguarda il rapporto tra i paesi ricchi e i paesi poveri.
Ma non risulta che a livello di Nazioni Unite qualcuno abbia preso di petto questo problema, in modo adeguato: è più facile scaricarlo su Lampedusa, mentre i poteri forti, nascosti e indifferenti, continuano a premere sulle proposte legislative a tutti i livelli per difendere i loro interessi. E’ così che si alimenta ciò che Papa Francesco chiama «inequità»: i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Anche chi ha responsabilità pubbliche sperimenta la difficoltà a far girare le cose per il verso giusto, ma se tutti sosteniamo il nostro impegno invocando l’aiuto di Dio, siamo in una “botte di ferro”.
Ciò che importa è il saper discernere il bene dal male, perché non tutte le ispirazioni sono buone. Sempre Papa Francesco, nell’Evangelii gaudium, ci dà un suggerimento: saper distinguere lo “spirito buono” dallo “spirito cattivo”. Anche per fare osservare le regole urbane è necessario educare la gente a coltivare lo “spirito buono”, che noi credenti abbiamo ricevuto con il Battesimo, confermato nella Cresima e alimentato dall’Eucaristia (Cf. n. 51).
Celebrare il Patrono San Sebastiano, allora, significa fare appello a quella tradizione spirituale, culturale e sociale appartenente al DNA irrinunciabile della Nazione Italiana. Dedicare un po’ di tempo al Patrono non è tempo perso, ma è un investimento per tutti.Voi, vigili e vigilesse, state in guardia perché – ogni tanto – salta fuori qualcuno che, anziché distribuire meglio le risorse, pensa di abolire la festa dei Santi Patroni o di incrementare il lavoro domenicale: sono palliativi che minano alla base i fondamenti della nostra società! La vera laicità non è quella capace solo di rottamare le genuine tradizioni cristiane, ma quella capace di “dare a Dio quello che è di Dio e a Cesare quello che è di Cesare”.
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