
Papa Bergoglio condanna riarmo, spesa armi è “scandaloso”
Fin dall’ inizio del suo pontificato, uno dei punti centrali degli appelli e delle iniziative di papa Francesco per la fine di tutte le guerre è sempre stato, in ogni sede internazionale, quello contro la corsa al riarmo, vista dal Pontefice come la vera origine di qualsiasi spargimento di sangue nel mondo. E come una tragica distrazione di risorse che potrebbero invece essere impiegate per l’ istruzione, la sanità, il riscatto sociale dei più indigenti. “Qui, in questa città, che è testimone delle catastrofiche conseguenze umanitarie e ambientali di un attacco nucleare, non saranno mai abbastanza i tentativi di alzare la voce contro la corsa agli armamenti”, disse Bergoglio a Hiroshima il 24 novembre 2019. Questa infatti “spreca risorse preziose che potrebbero invece essere utilizzate a vantaggio dello sviluppo integrale dei popoli e per la protezione dell’ ambiente naturale”.
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Nel mondo di oggi, “dove milioni di bambini e famiglie vivono in condizioni disumane, i soldi spesi e le fortune guadagnate per fabbricare, ammodernare, mantenere e vendere le armi, sempre più distruttive, sono un attentato continuo che grida al cielo”. E nella ‘ Fratelli tutti’ , in cui definiva la guerra, “un fallimento della politica e dell’ umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male”, si chiedeva anche “quanto sia sostenibile un equilibro basato sulla paura, quando esso tende di fatto ad aumentare la paura e a minare le relazioni di fiducia fra i popoli”.
“La pace e la stabilità internazionali non possono essere fondate su un falso senso di sicurezza, sulla minaccia di una distruzione reciproca o di totale annientamento, sul semplice mantenimento di un equilibrio di potere”. Ed è se questo principio che è tornato oggi, esprimendo “vergogna” e definendo “pazzia” il rialzo della spesa per le armi al 2 per cento, iniziativa adottata anche dal governo italiano. Il Papa lo ha detto puntando il dito contro “la vecchia logica di potere che ancora domina la cosiddetta geopolitica”, contro il fatto che “si continua a governare il mondo come uno ‘ scacchiere’ , dove i potenti studiano le mosse per estendere il predominio a danno degli altri”.
Ma come si può conciliare questa condanna della spesa per le armi – “uno scandalo”, l’ ha definita tre giorni fa, una scelta “non neutrale”, che “sporca l’ anima, sporca il cuore, sporca l’ umanità” -, con la necessità di un popolo aggredito di difendersi? Un aspetto su cui lo stesso Francesco, nella telefonata dell’ altroieri al presidente ucraino Zelensky ha manifestato “comprensione” (“capisco che volete difendervi, capisco che i militari difendono i civili e che i civili difendono la propria patria”)? Lo si può capire solo nell’ atteggiamento del “discernimento” che, da bravo gesuita, il Papa pratica continuamente, tenendo sì fede ai principi generali, ma non mancando di guardare, appunto con comprensione e partecipazione si direbbe “pastorale”, alle situazioni particolari.
D’ altronde, sulle possibili reazioni violente in casi specifici – e in quel caso si parlava di offese e derisioni alle religioni -, restò famosa la frase di Francesco in volo verso Manila del 15 gennaio 2015: “se uno dice una parolaccia sulla mia mamma, si aspetti un pugno”. Inoltre, l’ apertura all’ uso ‘ difensivo’ delle armi è stata espressa più volte in questi giorni dagli uomini di Chiesa: dal card. Pietro Parolin (“Il diritto a difendere la propria vita, il proprio popolo e il proprio Paese comporta talvolta anche il triste ricorso alle armi”) al card. Gianfranco Ravasi che ha twittato una frase del teologo luterano tedesco Dietrich Boenhoffer, morto nel lager di Flossenburg (“Se un pazzo lancia la sua auto sul marciapiede, io non posso, come pastore, contentarmi di seppellire i morti, cantare in gregoriano e consolare i parenti. Io devo afferrare il conducente al suo volante e bloccarlo”).
Fino, oggi, al vescovo di Aosta, mons. Franco Lovignana, in antitesi col Papa proprio sul voto della Camera per impegnare il governo ad alzare le spese militari al 2% del Pil: “noi sappiamo che la violenza è sempre, come dire, sì anti storica e anti umana. Però bisogna anche dire che le armi, intese in senso difensivo, all’ interno di un popolo e di una nazione, hanno anche un valore di deterrenza e comunque anche all’ occorrenza di difesa. Io non mi sentirei del tutto di bandire, da un punto di vista civile, sociale, l’ uso delle armi”. Ed anche un insigne teologo morale come mons. Mauro Cozzoli ha spiegato ieri all’ ANSA che “una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento”, nel caso di un’ aggressione “non si può negare ai governi il diritto di una legittima difesa”. E, di conseguenza, la responsabilità’ di tale legittima difesa “può indurre anche altre nazioni a sostenere e aiutare la resistenza del popolo aggredito”./di Fausto Gasparroni
Piaccia o non piaccia, la pace è garantita se tutte le maggiori potenze mondiali sono parimenti armate. Comprensibili sono le parole del Papa, ma la missione che deve svolgere è ben diversa dal compito che hanno invece i governanti di un Paese.
La pace sarebbe garantita se una potenza, l’unica che ha sempre belligeranto dalla sua costituzione, la smettesse con la sua immonda impronta imperialista. Chi ha mani grondanti sangue, quasi sempre innocente, non può fare la morale a nessuno e sarebbe anche giunto il momento di staccarsi da questo ingombrante e pericoloso cordone ombelicale.