Proseguono i lavori del 66esimo corso di studi cristiani

ASSISI 24/08/2008 - La riflessione sul tema proposto dal 66° corso di studi cristiani interpella le nostre coscienze invitandoci alla radicalità evangelica. L’esperienza della spogliazione di Francesco, rievocata da monsignor Domenico Sorrentino vescovo di Assisi nel cortile del vescovado e poi nella liturgia eucaristica notturna in S. Maria Maggiore, richiama la nudità come rinuncia al possesso dei beni materiali e scelta di un’adesione totale (“folle”) ad un Cristo testimone di amore misericordioso e totale verso l’uomo. Nelle parole del Vangelo di Luca “beati i poveri in spirito” Enzo Bianchi, priore della comunità di Bose, ritrova il tracciato della via che i cristiani devono percorrere. Il criterio ermeneutico per comprendere la beatitudine evangelica è Gesù Cristo, il povero per eccellenza, il mite, l’affamato di giustizia, l’operatore di pace, il servo sofferente, che rinuncia ad avere per sé, che è capace di condivisione, non accumula in vista di un domani trattenuto solo per sé. La povertà che Gesù pratica non è una povertà romantica, proclamata a parole, utopistica, mitizzata; non è autosufficienza, arroganza, ma è attitudine ad aprirsi a Dio e agli altri in un cammino da percorrere solidariamente, in comunione. Una chiesa che percorra la via di Cristo deve essere, dunque, una chiesa povera, cioè capace di sobrietà, di discernimento nei beni da usare, rivelando sempre l’immagine trasparente di Gesù. Avventurandosi nel campo dei comportamenti nella prassi quotidiana, l’intervista alla domenicana Antonietta Potente, teologa morale, docente universitaria in Bolivia, a cura di Renzo Salvi di RAI Educational con la regia di Dario Barezzi, sottolinea che la nudità umana è vissuta con disagio perché scopre eventi di portata epocale e i limiti concettuali che accompagnano al presente la nostra riflessione. Nell’epoca postmoderna non è sufficiente né atteggiarsi ad un afflato filantropico e/o solidaristico astratto o pensare di tappare i buchi ad un’emergenza che non è transitoria, ma dobbiamo essere consapevoli che il fenomeno del “nuovo nomadismo” non si può contenere. Come a dire che noi continuiamo ad affrontare con modelli statici un flusso ininterrotto di processi e di culture che non conosciamo e davanti ai quali rimaniamo stupiti. Non basta trovare una semplice strategia economica, ma in questo universo mutante dobbiamo educarci a un “pensiero migratorio”. Tanta diversità oggi presente nella nostra storia ci invita a rinascere, ad esercitare l’intelligenza creativa che è anche contemplazione, intesa come tentativo di avvicinarsi al Mistero, come qualcosa di immanente non solo trascendente. È una chiave di lettura che spinge a cercare ancora, rispettando di più la vita. Si tratta di un discorso che prende trasversalmente tutte le discipline umane, perché la storia si fa per i contributi che vengono da tutti e da tutto. Lo Spirito agisce attraverso ogni persona. Di fatto povertà è sforzo continuo di uscita dal bisogno, perciò la serietà quotidiana della vita fa la storia. Per contro noi preferiamo delegare, non assumerci le nostre responsabilità, ma invece dobbiamo prendere atto che le cose procedono non per eliminazione ma per narrazione.

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