<p>(UJ.com) PERUGIA - "Ridatemi la vita". E' questo l'appello lanciato da Raffaele Sollecito, accusato di aver ucciso<b> Meredith Kercher</b>, nel corso di una dichiarazione spontanea rilasciata davanti alla corte d'assise di Perugia. Ad un giorno dalla sentenza il giovane ha detto: "Non ho ucciso Meredith e non ero in quella casa. Ogni giorno che passa spero che il vero colpevole confessi. Vi chiedo di restituirmi la mia vita": Sollecito ha sottolineato di "avere ancora fiducia nella giustizia". "State per decidere della mia vita - ha detto ancora Sollecito rivolto ai giudici - e qualsiasi parola dirò sarà meno di quello che sento. Non sto vivendo un incubo, ma sopravvivo a una situazione drammatica. Sono coinvolto in una vicenda assurda di cui non so nulla. Ho ascoltato il pm - ha detto ancora lo studente - e non ho ancora capito quale sia il mio ruolo. Sento dire che Amanda ha ucciso Meredith per questioni legate all'igiene e agli uomini. Un quadro che stento anche solo ad immaginare. Vorrei capire perché io ho partecipato all'omicidio. Non trovo i motivi". Sollecito ha quindi affermato di essere stato dipinto come un "cane al guinzaglio". "Mignini - ha proseguito - ha detto che ero Amanda-dipendente, ma l'avevo conosciuta solo pochi giorni prima del delitto. Ero molto affezionato a lei, ma si trattava di un legame tutto da verificare. Non esiste alcuna dipendenza - ha sottolineato ancora Sollecito - e se Amanda mi avesse chiesto qualcosa che non condividevo avrei detto no come mi era già successo con altri miei amici. Figuriamoci se mi avesse chiesto qualcosa di terribile come uccidere una ragazza". "Non sono mai stato un violento - ha ribadito ancora Sollecito - non lo sono e non lo sarò mai".</p>
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