(UJ.com) PERUGIA12/08/2008 - A Fossato di Vico, presso il Circolo Acli di Palazzolo, alla presenza dello storico Michele Colucci, la pubblicazione dedicata a Lemigrazione umbra nel secondo dopoguerra. Foto, documenti e testimonianze della comunità di Fossato di Vico, di Catia Monacelli e Nicola Castellani, con la collaborazione di Daniela Menichini, Editoriale Umbra. Opera fortemente voluta e sostenuta dallamministrazione di Fossato, con il patrocinio del Museo dellEmigrazione Pietro Conti. Ne abbiamo parlato con Nicola Castellani, uno degli autori e anima del progetto, che si è pazientemente adoperato affinché foto, documenti e testimonianze di questa preziosa memoria storica, non andassero perduti per sempre: dai racconti dei protagonisti emergono le storie delle loro famiglie, la difficile scelta di dover lasciare la propria terra, i piccoli segreti, le confidenze tra parenti ed amici che hanno condiviso lo stesso universo. Ecco, allora, che nella nostra pubblicazione, le singolari vicende di alcuni emigranti, sintrecciano con la storia ufficiale, dando volti e nomi ad un panorama storiografico che spesso tralascia le testimonianze private, restituendo dignità di vissuto alle singole esperienze di vita e memoria ad unintera collettività. Unopera ed una ricerca inedita, che presenta una minuziosa disamina dei flussi migratori della regione umbra nellimmediato dopoguerra, con la relativa pubblicazione di importanti estratti darchivio. La provincia di Perugia fu maggiormente colpita dallesodo migratorio, la crisi mezzadrile ed il relativo spopolamento delle campagne non venne assorbito, a differenza della provincia di Terni, da un sufficiente sviluppo dellindustria e del settore terziario; ed è così che, - continua Nicola Castellani - molti comuni della dorsale appenninica e di alcune zone interne di alta e media montagna, prevalentemente settentrionale, scelsero la via dellesodo di massa: Gualdo Tadino, Fossato di Vico, Costacciaro, Scheggia, Gubbio e Pietralunga, così come Norcia, Monteleone di Spoleto, Monte Santa Maria Tiberina e Montone. Un lavoro minuzioso, che non manca di coinvolgere ed emozionare il lettore, si legge così in un passo di una testimonianza: la domenica per poter uscire ben vestiti, si erano comperati in tre un abito e un paio di scarpe secondo le misure del più grande, così potevano indossarli a turno ogni tre domeniche. Il lavoro del minatore era faticoso. Si lavorava dodici ore al giorno e si era pagati a cottimo, in base alle tonnellate di materiale caricate nei carrelli . Per maggiori informazioni è possibile contattare la segreteria organizzativa allo 075 9142445.
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