ECONOMIA - In Umbria sono oltre 4mila i professionisti parasubordinati

<p>(UJ.com) PERUGIA - Sono oltre 4mila i professionisti parasubordinati in Umbria. Prevalentemente maschi (per il 62%) e con un età compresa tra i 20 ed i 39 anni nel 47% dei casi. Dal 2003 ad oggi il numero di questi contribuenti è cresciuto mediamente del 3,8% all’’anno. Si tratta di un esercito di lavoratori (ad es. fisioterapisti, chiropratici, tributaristi, periti assicurativi, informatici, etc..),  non iscritti a un ordine professionale, ma sempre più richiesti dalle imprese  in quanto espressione di un contesto dinamico e in espansione, frutto del costante adeguamento alle esigenze del mercato e al progresso scientifico e tecnologico e nel quale il numero degli occupati è destinato a crescere ancora di più nei prossimi anni. Con il convegno “Professioni non regolamentate: lavori in corso” che si è svolto ieri sera presso la Camera di Commercio di Perugia,alla presenza, tra gli altri,  del sindaco di Perugia Vladimiro Boccali, dell’onorevole Giuliano Cazzola vicepresidente XI Commissione Lavoro Camera dei Deputati e dei senatori Anna Rita Fioroni X Commissione Senato Attività Produttive e Domenico Benedetti Valentini vicepresidente I Commissione Affari Costituzionali e Membro II Commissione Giustizia, CNA Inproprio e Assoprofessioni hanno voluto fare il punto su  alcuni traguardi essenziali per l’approvazione di una  proposta di Legge per il riconoscimento di Status Giuridico del Professionista (non riconducibile agli Ordini Professionali esistenti). Proposta che dopo due iniziative nazionali realizzate a Roma e a Perugia (il 1 dicembre 2008) con i Parlamentari eletti in Umbria, ha avviato l’iter procedurale per l’approvazione definitiva che dovrebbe avvenire entro questa legislatura. “Assoprofessioni e Cna – spiega Luciana Righetti Presidente CNAInproprio Perugia -  si stanno battendo insieme da tempo tanto per la riforma delle professioni quanto per quella della previdenza, nell’intento di dare alle categorie non ordinistiche la dignità ed il riconoscimento che di fatto e da diversi anni il mercato dell’utenza ha già ampiamente riconosciuto loro”.</p>
<p>Al momento infatti i professionisti iscritti alla gestione separata sostengono un onere contributivo di circa il 26%, con la previsione di aumento sino al 33,50 % al 2010. Si è passati nel giro di pochissimo tempo dall’iniziale 10 % del 1995 al 23,50% nel 2006, con la prospettiva di raggiungere,come detto, il 26%. “Tali aliquote, non soltanto pongono i senz’albo in una situazione di evidente svantaggio concorrenziale rispetto ai colleghi ordinistici, iscritti alle casse professionali private, che invece versano contributi del 12-16%. Ma anche rispetto agli lavoratori del fondo, in quanto gli autonomi non godono delle loro stesse prestazioni accessorie, estese ai co.co.pro. dalla Legge Finanziaria 2007”.</p>
<p>Ed è proprio per arginare in modo definitivo questa ingiustificata e illegittima disparità di trattamento tra professionisti regolamentati e non, che Assoprofessioni e Cna hanno avanzato una serie di proposte già formulate alle istituzioni parlamentari, ed in modo particolare al ministero del Lavoro. Fra le altre: la costituzione di una cassa professionale pluricategoriale con sistema contributivo ed aliquota d’ingresso del 16 per cento;l’accorpamento di categorie professionali affini a casse previdenziali private preesistenti;la netta separazione nell’ambito della stessa Gestione separata Inps tra liberi professionisti e co.co.pro.  Particolari difficoltà secondo CnaInproprio, le incontrano le donne.</p>
<p> “La donna – ha concluso la Presidente -  è libera di scegliere una professione ma non è libera come un uomo di poterla esercitare. Non lo è – ha precisato - perché si trova all’interno di contesti professionali come dipendente di uffici tecnici, strutture sanitarie, uffici amministrativi o come free lance per il libero mercato degli incarichi o delle consulenze, governati da regole fatte da e per i colleghi maschi in cui è difficile e faticoso conquistare fiducia, ruolo, responsabilità se non a prezzi che la donna non può o non vuole pagare.  Riteniamo che vi siano segnali concreti che indicano la raggiunta consapevolezza di un disagio “di genere” nelle libere professioni in quanto avvertiamo la carenza di una riflessione condivisa, sistematizzata sulla donna nelle libere professioni in particolare nella relazione con l’ambiente di lavoro, i colleghi e lo spazio ed il ruolo a lei assegnati che, attraverso la formazione di un linguaggio adeguato, diventi maggiormente “sentita” e discussa. Paghiamo un prezzo troppo elevato nel rapporto professione/famiglia. Un prezzo che necessariamente deve essere distribuito in maniera equa e civile”.</p>

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